Il dipinto, secondo una vecchia ipotesi proveniente dalla collezione di Olimpia Aldobrandini senior, è stato attribuito dalla critica ad Andrea d'Agnolo, pittore fiorentino, noto ai più come Andrea del Sarto. Tuttavia alcuni dettagli, come la resa dei fanciulli, tradiscono l'intervento di un collaboratore, forse di Jacopo Pontormo che, stando alle parole di Vasari, lavorò per un certo periodo nella bottega del maestro.
Raffigura la Vergine, seduta in un paesaggio tipicamente toscano, in compagnia di Giovanni Battista e del piccolo Gesù, qui ritratto mentre gioca con un cardellino, la cui presenza allude alla morte e passione di Cristo. Secondo la tradizione, infatti, nel tentativo di estrarre una spina dalla corona posta sul capo del Messia, il volatile si macchiò indelebilmente del suo sangue, tingendo per sempre il becco di rosso.
Salvator Rosa (cm 114 x 90,5 x 7,6)
(?) Roma, collezione Olimpia Aldobrandini, 1626 (Inventario 1626, c. 89; Della Pergola 1959); (?) Inventario Olimpia Aldobrandini 1682; Roma, collezione Borghese, 1693 (Inventario 1693, Stanza VII, n. 25); Inventario 1790, Stanza VIII, n. 6; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 14. Acquisto dello Stato, 1902.
In esposizione temporanea alla Galleria Nazionale d'Arte Antica per la mostra "Raffaello, Tiziano, Rubens. Capolavori dalla Galleria Borghese a Palazzo Barberini"
La provenienza di questo dipinto è dibattuta. Secondo Paola della Pergola (1959), sarebbe identificabile con un quadro elencato nell'inventario del 1626 tra i beni di Olimpia Aldobrandini senior ("[...] con una donna che tiene il putto in braccio et San Gio[vanni] da un lato di mano di Andrea del Sarto del n. 181"), così registrato nel 1682: "un quadro in tavola con la Madonna con il Putto in braccio e San Gio[vanni] che li porge la Croce alto palmi due [sic] con cornice arabescata di Andrea del Sarto [...]" (Invv. 1626, 1682 in Della Pergola 1959). Questa tavola, le cui dimensioni non coincidono con l'opera in esame, a detta della studiosa sarebbe poi confluita nelle raccolte Borghese dove in effetti nel 1693 è documentato per la prima volta il presente dipinto ("... di palmi 4 in tavola la Madonna il Bambino e San Giovannino del numero 82 con cornice intagliata di Andrea del Sarto" (Inv. 1693)".
Ma tale ipotesi è qui respinta. La composizione Aldobrandini, infatti, si allontana dalla tavola Borghese sia per dimensione, sia per soggetto: nel 1682, contrariamente a quanto si vede, è descritta 'alt[a] palmi due', raffigurante Giovanni Battista mentre porge la croce a Cristo.
Se molti dubbi tuttora persistono sulla sua provenienza, certo sembrerebbe essere il riferimento ad Andrea del Sarto, nome confermato da tutti gli studiosi (Berenson 1909; Longhi 1927; Della Pergola 1959), ad eccezione di Giovanni Morelli (1897) e di Adolfo Venturi (1925) che attribuirono il quadro al fiorentino Giuliano Bugiardini. Tuttavia, come debitamente notato da Roberto Longhi, che dal canto suo vi scorgeva "una strana e faunesca mistura di Leonardo, di Raffaello e del Buonarroti" (Id. 1927), la tavola mostra alcuni stilemi, a tratti avulsi dai modi del fiorentino come il fare della Vergine e l'impeto dei due fanciulli, da alcuni interpretati come prima espressione sartesca (Longhi 1927; Della Pergola 1959), da altri (Natali 1989) quale prova della partecipazione di uno dei suoi allievi, con buona probabilità di Jacopo Pontormo che, stando a quanto riferito da Vasari, portava a compimento i lavori del maestro all'epoca del suo apprendistato.
Eseguita secondo Longhi intorno al 1514 per alcune analogie con l'affresco con la Natività di Maria del chiostro fiorentino della Santissima Annunziata, tale datazione è stata confermata da Paola della Pergola (1959) ma anticipata da Antonio Natali (1989) di qualche anno, percependo nella posa della Madonna un'eco della Vergine della pala di Dresda (Sposalizio di Santa Caterina, Gemäldegalerie, inv. 76).
Antonio Iommelli