L’opera, di autore ignoto, corrisponde ad una replica della nota Madonna d’Alba di Raffaello, oggi conservata presso la National Gallery of Art di Washington. L’originale, ricondotto ai primi anni di permanenza a Roma dell’artista, prende il nome dal Duca d’Alba, presso cui è attestato alla fine del Settecento. Ritenuta una copia antica, vicina al tempo di Raffaello stesso, il riferimento inventariale più precoce del dipinto Borghese è rintracciabile, con ogni probabilità, nell’elenco dei quadri appartenuti al cardinale Scipione.
‘800 (con corone d’acanto angolari) diametro cm 135, spessore cm 7,7
Roma, collezione cardinale Scipione Borghese, Inventario ante 1633, n. 246 (Corradini 1998, p. 455); Inventario 1790, Stanza X, n. 12; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 22, n. 1. Acquisto dello Stato, 1902.
Il dipinto corrisponde ad una copia di autore ignoto della celebre Madonna di Casa d’Alba di Raffaello, datata ai primi anni del soggiorno romano dell’artista e attestata alla fine del Settecento nelle collezioni del Duca d’Alba a Madrid, dal quale prese il nome. Successivamente acquistata dallo zar Nicola I di Russia e confluita nella raccolta dell’Ermitage a San Pietroburgo, l’opera fu poi ceduta dal governo sovietico al collezionista americano Andrew W. Mellon e da lui donata alla National Gallery of Art di Washington, dove tuttora si conserva. Il soggetto godette di grande fortuna, come testimoniato dalle numerose repliche note.
La composizione, ambientata in un contesto paesaggistico, è impostata sulla figura centrale della Vergine, abbigliata con una veste rossa e un manto blu, seduta in terra e con un libro nella mano sinistra. Il Bambino, rappresentato nudo in braccio alla madre, è nell’atto di afferrare la croce dalle mani di San Giovannino, in un evidente richiamo allegorico al destino della Passione.
Nonostante la genericità delle descrizioni inventariali che caratterizzano solitamente soggetti ampiamente diffusi come la Madonna col Bambino e San Giovannino, in questo caso è possibile collegare la tavola Borghese ad una voce dell’elenco dei beni di Scipione Borghese, dalla critica datato al 1633 circa (si veda S. Pierguidi, “In materia totale di pitture si rivolsero al singolar Museo Borghesiano”, in “Journal of the history of collections”, XXVI, 2014), così descritta: “Un tondo la Madonna con il figliolo e san Giovannino, la Madalena con il libro in mano cornice lavorata, e dorata, alto 3 ¾ . Copia di Rafaelle in tavola” (Corradini 1998, p. 455, n. 246). Data la corrispondenza del formato, delle misure e del particolare del libro, è probabile che l’estensore dell’inventario abbia erroneamente sostituito la Madonna con la “Madalena” nella descrizione del dipinto (Minozzi 2006, p. 108, nota 14). Accogliendo tale corrispondenza, è possibile affermare che il quadro confluì precocemente nella raccolta Borghese, ancor prima del 1650, anno di pubblicazione della guida alla Villa Pinciana redatta dal Manilli, in cui Della Pergola individua due possibili riferimenti al dipinto (Della Pergola 1959, p. 121; si veda anche Barberini 1984, pp. 53-54; Minozzi 2006, p. 106). Successivamente, la tavola è stata individuata nell’inventario del 1790 e ancora in quello fidecommissario del 1833, in quest’ultimo con l’attribuzione alla scuola di Raffaello.
Definita da Venturi (1893, p. 200) “una cattiva copia” dell’originale dell’Urbinate, l’opera è ritenuta una replica antica, probabilmente del tempo stesso del maestro o di poco posteriore (Piancastelli 1891, p. 301; Cantalamessa 1911-1912, n. 424; Longhi 1928, p. 218).
Pier Ludovico Puddu