Il dipinto, documentato in collezione Salviati nel 1673, pervenne ai Borghese per via ereditaria. Si tratta del bozzetto de La morte della Vergine, prima opera pubblica dipinta da Giovanni Maria Morandi per la chiesa romana di Santa Maria della Pace, commissionata nel 1657 da Alessandro VII Chigi per interessamento del duca Salviati. L'opera, ricollegabile agli anni del soggiorno romano dell’artista fiorentino, dimostra la piena e compiuta adesione ai moduli compositivi e formali di Carlo Maratti e rappresenta la cd. Dormitio Virginis, ossia il transito dalla vita terrena a quella celeste della Vergine Maria che, concepita senza peccato originale, non morì come una comune mortale ma si addormentò per risvegliarsi nella grazia divina. La scena, infatti, ritrae il momento in cui la Madonna, assistita dagli Apostoli e da un coro di angeli, si appresta al trapasso.
Roma, collezione Francesco Maria Salviati, 1673 (Silos 1673); Roma, collezione Borghese, 1833 (Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 36). Acquisto dello Stato, 1902.
Il dipinto è segnalato per la prima volta presso la quadreria di casa Salviati da Giovanni Michele Silos che nel 1673 pubblicò il testo Pinacotheca sive Romana Pictura et Sculptura, in cui l'opera è così descritta: "Deiparae Transitus adstantibus Apostolis et psallentibus Angelis; Morandi apud eundem Ducem". La tela, infatti, costituisce il bozzetto per il quadro eseguito nel 1660 dal pittore fiorentino per la chiesa romana di Santa Maria della Pace, per la quale Morandi riceveva ancora, tra il 1706-1717, un legato di 15 scudi mensili (Della Pergola 1959).
Questa Morte della Vergine pervenne sul finire del Settecento in collezione Borghese, dove fu elencata per la prima volta negli elenchi fedecommissari del 1833 come opera di Carlo Maratti, attribuzione ripetuta nel 1891 da Giovanni Piancastelli ma respinta da Adolfo Venturi (1893) che fu il primo a riportarla al Morandi, riconoscendovi il bozzetto della pala di Santa Maria della Pace, commissionata al pittore intorno al 1657 e terminata al ritorno dell'artista da Vienna nel 1667 (cfr. Mocci 2012 con bibl. precedente). Tale parere è stato accolto unanimemente da tutta la critica successiva (Longhi 1928; Waterhouse 1937; De Rinaldis 1939; Della Pergola 1959, Waterhouse 1967) e di recente da Kristina Herrmann Fiore (2006).
Un disegno preparatorio relativo alla tela è stato presentato in occasione della mostra Italian drawings of the Renaissance and Baroque da Catherine Monbeig Goguel (2010).
Antonio Iommelli