Il pannello musivo, collocato nella sala VII con altri due di soggetto marino, sembrerebbe appartenere all’elaborata pavimentazione di una villa romana rinvenuta nel XVIII secolo nella tenuta Borghese di Castell’Arcione, sulla via Tiburtina. Si tratta di un volto femminile, caratterizzato da una vivace policroma, su un fondo monocromo nero. Tra i capelli, composti di corte ciocche che scendono lunghe sul collo, sono presenti degli elementi vegetali. Il volto, leggermente girato verso destra, appare in ombra nella parte sinistra. La mancanza di elementi specifici ne rende difficile l’identificazione: potrebbe trattarsi della personificazione di una stagione o di una divinità del thiasos marino, come ad esempio una Nereide. La presenza del fondo nero e l’irregolarità delle dimensioni delle tessere musive suggeriscono una datazione al III secolo d.C.
Il pannello musivo raffigura un volto femminile di età giovanile su un fondo di tessere nere. Il capo, leggermente orientato verso destra, è coronato da una capigliatura a corte ciocche scomposte, scriminate al centro, rese con tessere rosso-marroni e grigio-verdi, che scendono lunghe sul collo, oltrepassando la figura. Dai capelli emergono elementi vegetali, interpretabili come canne. L’incarnato è vivace, sottolineato da una combinazione di tessere rossastre e giallastre, con gote rosee. La parte sinistra del viso appare lievemente in ombra, caratterizzata da tessere di tonalità più scura. I lineamenti sono marcati, con arco sopraccigliare ordinato di tessere brune, sguardo volto verso destra e bocca con labbra carnose leggermente dischiuse.
La mancanza di attributi evidenti ne rende problematica l’identificazione. Secondo Marion Elizabeth Blake, si tratterebbe della raffigurazione di una ninfa dell'acqua con canne tra i capelli (Blake 1940, p.107); Raissa Calza, invece, la interpreta come la personificazione di una stagione (Calza 1957, p. 19, n. 219). La presenza di altri due emblemata, nella stessa sala VII, raffiguranti divinità marine e pertinenti allo stesso contesto, suggerisce anche per questa figura l’identificazione con un personaggio del thiasos marino, probabilmente una Nereide. Le Nereidi, numerose figlie del dio Nereo, erano raffigurate come giovani e benevole fanciulle del mare. La Blake ritiene che i tre pannelli possano essere pertinenti a un’unica composizione musiva articolata, insieme ai due, con scene di pesca, inseriti nel pavimento della sala V (Blake 1940, p.117). Questi ultimi dovevano decorare una villa romana rinvenuta nel XVIII secolo nella tenuta Borghese di Castell’Arcione, sulla via Tiburtina (Visconti, Lamberti 1796, p.38; Mari 1983, pp. 250-251, 258-260; Moreno, Sforzini 1987, p. 345). I tre pannelli con divinità marine furono posti a ornamento della pavimentazione della sala Egizia in occasione della grande ristrutturazione tardo settecentesca della palazzina, diretta dall’Architetto Antonio Asprucci (Visconti, Lamberti 1796, p.74). La presenza dello sfondo a contrasto nero e la dimensione irregolare delle tessere inducono l’archeologa a ipotizzare per il pannello in questione l’influenza della produzione musiva di epoca ellenistica, diffusa in Italia solo dal III secolo d.C., epoca alla quale si può inquadrare il mosaico Borghese.
Giulia Ciccarello