Il prestigioso collegio sacerdotale romano dei Salii, consacrato al dio Marte, aveva la funzione, tra le altre, di celebrare l’inizio e la fine delle attività belliche, rispettivamente nei mesi di marzo e ottobre del calendario romano. L’apertura del periodo di guerra era celebrata in una cerimonia durante la quale venivano portati in processione e percossi, con dei bastoncini, gli scudi sacri della città di Roma. Il pannello musivo sembrerebbe raffigurare questo evento al cospetto del simulacro di Marte Ultore. Sono rappresentate, infatti, tre figure maschili, abbigliate con le vesti tipiche del sodalizio, riprese nell’atto di percuotere una pelle che trattengono tesa con le mani.
Il mosaico si può far risalire tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C.
Il riquadro musivo raffigura una scena di culto dinanzi al simulacro di Marte Ultore, che riproduce esattamente le sembianze del colosso marmoreo rinvenuto presso il Foro di Nerva, oggi conservato ai Musei Capitolini (Romeo 2010, pp. 184-191, n. 19). La statua è rappresentata stante, con il braccio sinistro sollevato a impugnare un’asta e il destro lungo il corpo a fermare uno scudo, poggiato a terra. Il capo è coperto da un elmo corinzio e il volto è barbato. Tre uomini, posti davanti alla statua, sono intenti a battere con piccole verghe una pelle tenuta tesa da ciascuno, con la mano sinistra. Indossano l’abbigliamento tipico del collegio sacerdotale dei Salii, con tunica colorata bordata di rosso, la trabea, trattenuta da una cintura in vita. Sulla testa è presente il pileo, copricapo a calotta ben aderente alle tempie, decorato ad anelli. Il pannello è delimitato da una cornice a dentelli policroma, composta da una fila di tessere brune, rosa e bianche affiancate; segue verso l’interno una fascia di quattro tessere bianche e infine una di tre tessere rosse. Il sodalizio sacerdotale dei Salii, secondo le fonti istituito da Numa Pompilio (Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, II, 70, 1; Tito Livio, Ad Urbe condita, I, 20, 4), era preposto allo scandire il passaggio, nel calendario romano, da tempo militare a tempo civile, e quindi strettamente legato alla figura del dio Marte. Il mese di marzo, che segnava l’inizio delle attività belliche, si celebrava con una serie di feste durante le quali veniva cantato il carmen saliare, si portavano in processione gli ancilia, scudi sacri della città di Roma, percossi mediante bastoncelli, e le dodici lance di Marte, le hastae Martiae. I festeggiamenti culminavano il giorno 19, con la cerimonia delle Quinquatrus maiores. Secondo Varrone venivano così denominate perché ricorrevano il quinto giorno dopo le idi di marzo (Varrone, De lingua latina, 6, 14); di altra opinione Ovidio che nei Fasti afferma che i festeggiamenti durassero cinque giorni e che si celebrasse la nascita della dea Minerva e la consacrazione delle armi a Marte (Ovidio, Fasti 3, vv. 809-812). La fine della stagione di guerra ricorreva invece nel mese di ottobre, con il cerimoniale dell'Armilustrium, durante il quale venivano riposte le armi. Un mosaico proveniente da Thysdrus, oggi esposto al Museo Archeologico di Sousse, raffigurante un calendario figurato con una scena analoga, accompagnata dall’iscrizione Martias, porta a supporre l’esistenza di un modello iconografico per la rappresentazione delle festività del mese di marzo. Lo stesso riferimento può essere identificato anche per esemplare Borghese, confrontabile con il mosaico di Sousse e come quest’ultimo inquadrabile, tra il II e il III secolo d.C. (Foucher 1963, pp. 33-34, fig. 5, tav. 32).
Giulia Ciccarello