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Paesaggio con mandriani e un uomo a cavallo

Swanevelt Herman van

(Woerden 1600 ca. - Parigi 1656 ca.)

Il dipinto è stato avvicinato dalla critica all'attività romana di Hermann van Swanevelt, pittore olandese in contatto con Claude Lorrain e Pieter van Laer, con i quali contribuì a diffondere il genere del paesaggio classico italiano. L'opera rappresenta un uomo, seduto in groppa al suo asino, mentre ascolta le parole di un pastore, alle cui spalle si erge un edificio in rovina. La scena è ambientata in un paesaggio ameno, caratterizzato da una folta vegetazione che sulla sinistra lascia intravedere alcune colline in lontananza.


Scheda tecnica

Inventario
472
Posizione
Datazione
1635 circa
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 12 x 15
Cornice

Cornice ottocentesca (parte di un polittico), cm 81 x 26 x 4,3.

Provenienza

Roma, collezione Borghese, 1693 (Inventario 1693, Stanza XI, n. 21; Della Pegola 1959); Inventario 1790, Stanza VII, n. 123; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 31. Acquisto dello Stato, 1902.

Conservazione e Diagnostica
  • 1907 Luigi Bartolucci (disinfestazione).

Scheda

Il dipinto è documentato in collezione Borghese a partire dal 1693, elencato nell'inventario di quell'anno come "un quadro in tavola sopra un Asino et una anticaglia del n. 155. Incerto", attribuzione rivista nel 1790 a favore di Ludovico Mattioli. Tale nome, scartato sia dall'estensore degli elenchi fedecommissari (1833) sia da Giovanni Piancastelli (1893), fu mutato da Adolfo Venturi con quello di Hermann van Swanevelt, parere accolto positivamente da Roberto Longhi (1928) e da Paola della Pergola che nel 1959 pubblicò il dipinto come "maniera di Swanevelt".

Questa tavola rientra nella tipica produzione di paesaggi raffiguranti pastori e viandanti immersi nella campagna romana, un genere molto richiesto a Roma sia dal mercato, sia dagli aristocratici e ricchi borghesi. Tra gli artisti più quotati vi fu Hermann van Swanevelt, pittore olandese giunto a Roma sul finire degli anni Venti, dove riscosse molto successo. L'artista, infatti, soprannominato l'Eremita, era solito raffigurare questi tipi di scene, ispirate dai suoi studi condotti all'area aperta mentre da solo girovagava per il suburbio romano alla ricerca di rovine e luoghi ameni da ritrarre.

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 458; 
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 222; 
  • J.A. Rusconi, Il Museo e la Galleria Borghese, Bergamo 1906, p. 91; 
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 223; 
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, pp. 188-189, n. 282; 
  • P. della Pergola, L’Inventario Borghese del 1693 (III), in “Arte Antica e Moderna”, XXX, 1965, p. 214; 
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 153.