Documentato con certezza in collezione Borghese a partire dal 1790, questo dipinto è stato avvicinato dalla critica all'attività romana di Herman van Swanevelt, pittore olandese in contatto con Claude Lorrain e Pieter van Laer, con i quali contribuì a diffondere il genere del paesaggio classico italiano. Rappresenta un uomo seduto su un terrapieno vicino a un ponticello, immerso in un paesaggio incolto e desolato.
Questa piccola opera si può identificare con assoluta certezza con il "paesino di maniera fiamenga" elencato nell'inventario del 1790, annotazione ripetuta analogamente sulla cornice del dipinto. Rimasto anonimo negli elenchi fedecommissari del 1833, il quadro è stato accostato ad Hermann van Swanevelt da Adolfo Venturi (1893), parere accolto positivamente da Paola della Pergola che nel 1959 ha pubblicato il dipinto come "maniera di Swanevelt", seguita nel 2006 da Kristina Herrmann Fiore.
La tavola ritrae un una figura seduta su un cumulo di terra, accanto a un ponticello, immersa in un paesaggio triste e solitario. Il soggetto sembra richiamare alla mente il fare del pittore che, soprannominato dai suoi colleghi l'Eremita, girava in completa solitudine per la campagna romana in cerca di luoghi ameni e di rovine da ritrarre.
Antonio Iommelli