Il ritratto, di dimensioni colossali, raffigura l’imperatore Adriano con tratti caratteristici dell’età matura. Alcuni studi lo ritengo appartenere al tipo iconografico Rollockenfrisur, altri a quello Stazione Termini, entrambi caratterizzati da barba e riccioli ben marcati.
L’opera appare notevolmente manomessa da integrazioni di restauro apportate, probabilmente in occasione della sua sistemazione nelle sale della Palazzina successivamente la depredazione napoleonica.
Nel 1783 è descritta dal Winckelmann nel Palazzo Borghese di Campo Marzio e nel 1828 citata dal Canina nel Salone, dove è tuttora visibile.
Collezione Borghese, ricordato nel 1783 nel Palazzo Borghese in Campo Marzio Winckelmann, p. 465) e nella Villa nel 1828 nel Salone (Canina, pp. 4-5). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 43, n. 31. Acquisto dello Stato, 1902.
Il ritratto è ricordato dal Winckelmann nella edizione del 1783 nel Palazzo Borghese di Campo Marzio (Winckelmann 1783-1784, p. 465), dove era esposto, insieme a un secondo raffigurante Antonino Pio (Inv. L), in una delle due grandi nicchie della Galleria (Fumagalli 1994, pp. 144-145). La collocazione è confermata nell’inventario del 1812 “in due nicchie grandi al Piano del Salone esistono due busti colossali antichi, Uno di Antonino Pio, e l’altro di Adriano Imperatore” (de Lachenal 1982, p. 104). Successivamente allo spolio napoleonico le due statue furono traferite nella Villa per il nuovo allestimento delle sale voluto da Camillo Borghese. Nel 1828 il Canina lo cita esposto nel Salone, sua odierna sede (pp. 4-5); tale sistemazione è confermata dal Nibby nel 1832 che precisa il trasferimento avvenuto “negli ultimi tempi”. L’autore riporta, inoltre, il giudizio del Visconti che nel mettere a confronto la testa Borghese di Adriano con quella presente nella sala rotonda del Museo Pio Clementino in Vaticano assegnava all’una la superiorità nelle dimensioni ma all’altra quella nell’integrità e nell’arte (Nibby 1832, pp. 49-50; Visconti 1792, p. 60, XLV). La testa, di dimensioni colossali, ritrae l’imperatore in età matura. Sul capo la capigliatura è ordinata in folti riccioli che giungono sul davanti a incorniciare la fronte in due bande sovrapposte. Gli occhi, con pupilla incisa sul lobo oculare, sono rigonfi e profondamente marcati nei tratti. L’espressione, contratta, è sottolineata dalle rughe della fronte. Le guance sono parzialmente coperte da una fitta barba composta da corte ciocche disordinate, scandite a scalpello e trapano mentre la bocca è sormontata da baffi separati nella parte centrale da una fessura. Tali caratteristiche la rendono confrontabile con una testa analoga ma di età giovanile conservata al Museo Nazionale Romano (inv. 124491: Gasparri 2013, pp. 182-183), rinvenuta presso la Stazione Termini.
La scultura è definita dal Winckelmann la “più bella tra quelle pervenuteci”; il Venturi, riportando le parole di Helbig la ritiene “uno dei più bei ritratti idealizzati di quest’imperatore” (1893, p. 15). Il Bernoulli nel 1891, per primo, mette in dubbio il giudizio positivo del Winckelmann osservando le numerose integrazioni apportate all’opera (p. 112, n. 37). Così il Wegner pur ritenendo il nucleo antico e accostandolo al tipo Rollockenfrisur, caratterizzato da riccioli che incorniciano uniformemente il viso e si arrotolano su se stessi con un movimento verso sinistra, lo giudica tuttavia “iconograficamente e artisticamente privo di valore” (Wegner 1956, p. 113). Il Fittschen e lo Zancker assegnano il ritratto ad una diversa tipologia, quella della Stazione Termini, in considerazione della disposizione dei capelli sopra l’orecchio sinistro (1994, p. 44, n. 46, nota 5b). Infine l’Evers condivide tale identificazione in base all’osservazione della complessità del movimento dei riccioli (1994, p. 180, n. 129).
I ritratti ufficiali di Adriano trasmettono un chiaro distacco da quelli del suo predecessore Traiano soprattutto per la decisa connotazione della barba che univa la tradizione ellenica con l’aspetto militare tipico della romanità.
Riguardo la scultura Borghese, sono massicci gli interventi operati probabilmente in occasione della sistemazione ottocentesca nelle sale: in particolare, le numerose integrazioni, tra le quali la corona di riccioli sulla fronte e la superficie si mostra fortemente levigata, mentre la testa appare adagiata su un busto di restauro. Tali manomissioni rendono difficile una puntuale disamina dell’antico e la formulazione di una inquadramento cronologico preciso che tuttavia sembra potersi individuare nella metà del II secolo d.C.
Giulia Ciccarello