Il dipinto ritrae il poeta Francesco Petrarca, la cui figura si staglia di profilo sullo sfondo di un cielo solcato da nuvole. In primo piano, su di un cornicione ligneo, compare il nome dell’effigiato “Franciscus Petrarcha”. Il dipinto è attestato in collezione Borghese a partire dall’inventario del 1693, descritto come di autore incerto, e compare con l’attribuzione a Holbein nei succesivi elenchi sette e ottocenteschi. L’opera è uno dei numerosi esemplari che testimoniano la fortuna cinquecentesca del poeta, la cui immagine incontrò una notevole diffusione proprio attraverso questa iconografia, come attestato dalle numerose copie oggi note. Probabilmente derivato da un prototipo perduto, riferito da alcuni a Francesco Bonsignori, da altri a Girolamo da Santacroce.
‘600 (con intagli di foglie d’acanto e rosette su piano nero) cm. 56,2 x 44,8 x 5
Roma, collezione Borghese; Inventario 1693, Stanza VI, n. 336; Inventario 1790, Stanza X, n. 37; Inventario Fidecommissario Borghese 1833. Acquisto dello Stato, 1902.
In questo ritratto il poeta Francesco Petrarca è rappresentato di profilo e a mezzo busto, con indosso un abito scuro con un cappuccio che gli lascia scoperto soltanto il volto. Il personaggio compare dietro ad un cornicione ligneo su cui è scritto il suo nome, elemento che ne permette una sicura identificazione, e sullo sfondo di un cielo nuvoloso.
Il dipinto, di ignota provenienza, è attestato in collezione Borghese a partire dall’inventario del 1693, dove compare così descritto: “Un quadro di un palmo e mezzo in circa d’altezza con un ritratto di un Homo vestito con il Cappuccio in testa con lettere sotto che dicono franciscus Petrarcha in tavola del N. 522. Segnato dietro con cornice dorata. Incerto”. Nel successivo elenco del 1790 e ancora in quello fidecommissario del 1833 il ritratto viene citato con l’attribuzione a Holbein. Alla fine dell’Ottocento, Venturi (1893) assegna la piccola tela a scuola bellinesca, riferimento accolto e ripreso in seguito da Longhi (1928) e Schmitt (1961, p. 134), e meglio precisato da Berenson (1936; 1958), il quale avanza il nome di Girolamo da Santacroce, allievo sia di Gentile che di Giovanni Bellini. Della Pergola (1955) cataloga il dipinto come derivazione da un prototipo di Francesco Bonsignori presso la National Gallery di Londra, sottolineandone la vicinanza ad un ritratto conservato al Ringling Museum di Sarasota, in Florida, esemplato sulla stessa fonte.
Ad eccezione di Heinemann (1961), che ha proposto il nome di Bernardino Licinio, la critica successiva ha continuato ad oscillare tra i nomi di Francesco Bonsignori (Stefani 2000) e Girolamo da Santacroce; quest’ultimo è stato ripreso da Stradiotti (1976), autrice di una ricostruzione della vita e della produzione dell’artista, Reboldi (2011-2012) e Dal Pozzolo (2017).
Il ritratto Borghese, la cui tipologia è di derivazione antica, è uno dei numerosi esemplari che testimoniano la fortuna della figura di Petrarca nel primo Cinquecento, dovuta soprattutto al letterato veneziano Pietro Bembo. Sono attestate infatti almeno una decina di copie derivanti dallo stesso prototipo, sparse tra musei e collezioni private (Heinemann, cit.; Dal Pozzolo, cit.).
Pier Ludovico Puddu