La testa raffigura una donna dai tratti fisiognomici ben marcati con occhi a mandorla e piccole labbra carnose, chiuse. Sopra la fronte, di forma triangolare, si dipartono simmetricamente, dalla scriminatura centrale, due ciocche ondulate mentre la nuca è coperta da un elegante velo. Il ritratto sembra richiamare l’iconografia imperiale di Vibia Sabina, moglie di Adriano, diffusa dal momento della sua divinizzazione, tra il 137 e il 139 d.C.
Restaurato nel 1820 da Felice Festa, dal 1828 il busto si ritrova esposto, vicino ad altri sei, in una nicchia ovale nella parete della sala I.
Collezione Borghese, citato tra i restauri affidati a Felice Festa nel 1820, è testimoniato in una nicchia della sala I, nel 1828, insieme ad altri sei busti (Moreno, Sforzini 1987, p. 348; Nomenclatura degli oggetti di antica scultura: Moreno 1997, p. 92). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 44, n. 50. Acquisto dello Stato, 1902.
La testa femminile, posta su un busto moderno, si offre a una visione frontale. Il capo, velato, è leggermente rivolto verso destra e presenta nel viso, dall’ovale pieno, lineamenti decisi. La fronte, di forma triangolare, è bassa e gli zigomi evidenti; le sopracciglia arcuate e sottili confluiscono ai lati del naso dal dorso lineare e stretto, che si allarga nella parte inferiore. Gli occhi, amigdaloidi e con globi interni lisci, sono sovrastati da palpebre gonfie. La bocca, chiusa, è formata da piccole labbra carnose. Al di sotto del velo, i capelli sono ordinati in morbide ciocche ondulate divise simmetricamente da una scriminatura centrale.
Il tipo ritrattistico sembra potersi accostare, sulla base della corrispondenza dei tratti fisionomici, all’iconografia ufficiale di Vibia Sabina, moglie di Adriano, diffusa negli ultimi anni di principato dell’imperatore. Il modello di tale tipo si riconduce a due teste ritratto, una conservata ai Musei Vaticani, nella Sala dei Busti, (inv. 359: Bernoulli 1891, p. 129, n. 4, tav. XL) e una seconda al Museo Nazionale Romano (inv. 725: Felletti Maj 1953, p. 102, n. 195). Il Wegner, nel suo ampio studio sui ritratti dell’Augusta, ricorda altre due sculture che sembrano potersi porre a confronto, se pur con alcune varianti, con l’esemplare Borghese, conservate nel Museo Nazionale Romano (Felletti Maj 1953, inv. 727: p. 103, n. 197; inv. 577: p. 103, n. 196; Wegner 1956, pp. 84-91, 129 tavv. 44-45). Nella suddivisione tipologica e cronologica delle raffigurazioni dell’imperatrice, individuata dal Carandini e basata soprattutto sulle emissioni monetali, l’esemplare Borghese sembra potersi legare alla produzione statuaria avvenuta in occasione della divinizzazione di Sabina (periodo iconografico IX, 137-139 d.C.: Carandini 1969, pp. 99-101).
La scultura è menzionata nel 1820 in una serie di busti affidati a Felice Festa per essere restaurati: “sette busti a cui si dovranno riadattare, e fare di nuovo i piedi mancanti, ristaurare i Busti med(esim)i dove fossero mancanti, polimentarli col piombo, e spoltrino quelli che si trovano di marmo mischio, senza potersi servire l’artista di vernice, o altra composizione per darvi il lustro” (B. 1005, n. 158: Moreno, Sforzini 1987, p. 348). Nel 1828 è presente, insieme ad altri sei busti, nella Nomenclatura degli oggetti di antica scultura, collocata in una nicchia della sala I (Moreno 1997, p. 92); sistemazione attestata dal Nibby nel 1841 (p. 913). La Calza (1957, p. 13, n. 106) inquadra la testa nella fine del I secolo a.C.; da questa datazione si discosta il Moreno, che identifica nel volto il ritratto di Vibia Sabina; nel catalogo del 2003 diverge inoltre dalla ricostruzione documentaria sostenuta in precedenza, ricollegando la testa a un busto rinvenuto nel 1834 nelle tenute Borghese nella zona di Nettuno (Moreno, Viacava 2003, p. 162, n. 132).
Considerando la pertinenza dei confronti citati la scultura sembra potersi inquadrare tra il 137 e il 139 d.C., periodo nel quale sembra porsi la consacrazione dell’imperatrice (Perret 1935, p. 64, nota 5).
Giulia Ciccarello