Il ritratto di Paolo V, ritenuto una copia di un originale attribuito al Caravaggio, fu con buona probabilità eseguito da Ludovico Leoni, celebre ritrattista dell’aristocrazia romana del tempo, come sembra suggerire la descrizione del dipinto in un inventario di Scipione Borghese databile intorno al 1633. L'opera rappresenta il pontefice, ritratto di tre quarti, mentre seduto rivolge lo sguardo allo spettatore. Indossa, sopra il rocchetto e la talare bianca, una mozzetta rossa, bordata così come il camauro di una pelliccia di ermellino.
Roma, collezione Borghese, 1633 ca. (Inventario ante 1633, n. 130, Corradini 1998, p. 452); Inventario 1693, Stanza I, n. 26; Inventario 1790, Stanza I, n. 16; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 19. Acquisto dello Stato, 1902.
L'opera fu dipinta con buona probabilità dal pittore padovano Ludovico Leoni come sembra suggerire la descrizione del dipinto in un inventario di casa Borghese, pubblicato da Sandro Corradini nel 1998 e datato da Stefano Pierguidi (2014) intorno al 1633, in cui la tela è segnalata come "Un ritratto di papa Paolo, alto 6 largo 5. Padovanino". Si tratta certamente di una copia del noto Ritratto di Paolo V attribuito a Michelangelo Merisi (per un parere diverso si rimanda a Primarosa 2017), citata nel 1693 e nel 1790 come opera di Pierfrancesco Mola, nome scartato da Adolfo Venturi (1893), Hermann Voss (1910), Roberto Longhi (1928) e Paola della Pergola che nel 1959 pubblicò il dipinto come copia parziale del ritratto caravaggesco conservato attualmente presso Palazzo Borghese a Ripetta.
L'originale, stando a Giovan Pietro Bellori (1972), fu invece eseguito da Caravaggio, identificato nel 1910 da Lionello Venturi con l'esemplare di Palazzo Borghese; parere accolto positivamente - tra gli altri - da Voss (1910) ma respinto da Longhi (1928; 1943), Walter Friedländer (1955) e di recente da Francesco Solinas (2011) e Yuri Primarosa (2017) che hanno attribuito l'opera a Ottavio Leoni.
Nel 1959 Paola della Pergola, accogliendo la tesi di Venturi, pubblicò il presente dipinto come derivazione da Caravaggio, confermando quanto dichiarato sia nel catalogo della mostra sul Ritratto italiano a Firenze nel 1911, sia in quello dell'esposizione dei Ritratti dei Papi a Roma nel 1950. Secondo la studiosa, infatti, l'opera era stata eseguita da un anonimo artista intorno alla metà del Seicento che però, tagliando il dipinto caravaggesco all'altezza della testa, non aveva saputo cogliere lo spirito e la potenza espressiva resi nell'originale.
Come evidenziato da Primarosa (2017), il Ritratto di Paolo V segnò un nuovo modo di rappresentare il pontefice "consacrato in una 'vera effigie' terrena e allo stesso tempo in un'immagine manifesto della Chiesa di Roma", divenendo un prototipo molto ammirato a Roma, rielaborato più volte dagli artisti, come Ottavio Leoni e Marcello Provenzale. Lo studioso, inoltre, riferendosi alla tela in esame, la definisce una modesta copia da non riconoscere nel quadro, citato nel 1630 nello studio di Ottavio Leoni (Ivi, p. 740), completato dal figliastro Ippolito (Petrucci 2008; Papi-Falcucci 2013), le cui dimensioni non corrispondono al ritratto di Galleria Borghese.
Due copie di questo dipinto sono state segnalate da Maurizio Marini (1974) presso palazzo Altieri di Oriolo Romano e in collezione privata a Roma.
Antonio Iommelli