La testa ritratto di Tiberio è rinvenuta nel 1820 presso Vigna Lucidi, tra Monteporzio e Frascati, di proprietà della famiglia Borghese. Restaurata dallo scultore Massimiliano Laboureur, l’opera è esposta dapprima nella sala V e successivamente, nel 1956, nella sua attuale collocazione, la sala VIII. Si tratta della raffigurazione dell’imperatore del tipo iconografico cosiddetto dell’Imperium maius”, inquadrabile dopo la sua adozione da parte di Augusto e la concessione dell’Imperium proconsulare maius.
Proveniente dagli scavi della Vigna Lucidi, di proprietà della famiglia Borghese, dove è rinvenuta nel 1820 (Moreno, Sforzini 1987, pp. 348, 361). Nella Collezione Borghese è ricordata per la prima volta nel 1832 nella sala V dal Nibby (p. 101, n. 3) e nella sala VIII nel 1957 dalla Calza (p. 13, nn. 113-118). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 50, n. 133. Acquisto dello Stato, 1902.
La testa ritratto di Tiberio, impostata su un busto moderno, si offre a una visione frontale, leggermente volta verso destra. La scultura proviene dagli scavi intrapresi per volontà del Principe Camillo Borghese nel 1820 in una vigna di proprietà della famiglia in località Santa Croce, tra Monte Porzio e Frascati, concessa in enfiteusi a Cesare Lucidi (Valenti 2003, p. 188, nota 16).
L’opera è assegnata allo scultore Massimiliano Laboureur per essere restaurata: “testa di un Tiberio Imperatore più grande del vero, mancante nel naso, e nell’orecchio, e nel suo piedistallo, il che tutto dovrà ristaurare come sopra” (Moreno, Sforzini 1987, p. 348). Il Nibby nel 1832 individua nel busto, esposto nella stanza dell’Ermafrodito “i caratteri della faccia, quali ce li descrive Svetonio, e che sembrano indicare l’animo suo perverso, la crudeltà unite ad una fredda dissimulazione” (p. 101, n. 3). Nel 1841 lo definisce “di buona scultura” (p. 921, n. 9). La Calza nel 1957 lo ricorda nella sua attuale collocazione, la sala ottava (p. 13, nn. 116-118). Il Bernoulli nel 1886 evidenzia il carattere giovanile del ritratto con bocca sfuggente e mento sporgente (p. 148, n. 15). Di diversa opinione è il Polacco che nel 1955 dedica alle immagini dell’imperatore un ampio studio. L’autore definisce il ritratto “concepito, entro uno schema monotono e duro, che immiserisce la fisionomia e si direbbe la invecchi” e lo assegna al tipo dell’Imperium maius, cioè posto cronologicamente dopo l’adozione di Tiberio da parte di Augusto e la concessione dell’imperium proconsulare maius (p. 129). L’Hausmann, che nel 1985 esamina in maniera esaustiva l’acconciatura delle varie repliche dell’iconografia di Tiberio, afferma di non ritenere opportuno ipotizzare una diversa cronologia in base a piccole differenze. In particolare nota che il ritratto Borghese manca “della biforcazione sopra l’occhio destro” (p. 212, n. 8).
L’imperatore è raffigurato in un’espressione seria, fredda e distaccata. Il volto, dalla forma triangolare, è caratterizzato da una fronte piuttosto alta, delimitata inferiormente da arcate sopracciliari tese e sporgenti. Il naso aquilino domina la piccola bocca, la quale si presenta serrata e con il labbro inferiore rientrante. Sul capo i capelli sono disposti in corte ciocche orientate verso la fronte, alla cui sommità si dispongono in una corta frangia.
Il tipo iconografico dell’Imperium maius trova un confronto in un ritratto conservato presso la Glyptotek di Copenaghen (Inv. 624: Polacco 1955, pp. 127-128).
La scultura, come confermato unanimemente dagli studi, è inquadrabile nel primo decennio del I secolo d.C.
Giulia Ciccarello