Il dipinto è ritenuto copia, certamente non del tutto fedele, del cosiddetto Ritratto Terris di Giorgione del 1506 circa. Sebbene la stesura del colore e alcune citazioni puntuali, quali l’apertura della veste scura sul colletto bianco della camicia, denotano l’evidente rapporto con la ritrattistica di Giorgione, resta infinita la distanza che separa il quadro Borghese dallo straordinario originale del maestro di Castelfranco.
Salvator Rosa (cm. 46 x 40,5 x 5,5)
Roma, collezione Borghese; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 24. Acquisto dello Stato, 1902.
La tela ritrae un uomo di tre quarti, con veste scura e camicia bianca visibile solo in minima parte, che volge lo sguardo verso lo spettatore. L’incarnato e le labbra rosse contrastano con gli occhi scuri e penetranti dell’effigiato, mentre l’abito e i capelli di quest’ultimo quasi si confondono con il fondo, cosa che nell’insieme rende l’opera non perfettamente leggibile.
Il dipinto è ritenuto copia, certamente non del tutto fedele, del cosiddetto Ritratto Terris di Giorgione del 1506 circa, conservato nel Museum of Art di San Diego. Sebbene la stesura del colore e alcune citazioni puntuali – quali l’apertura della veste scura sul colletto bianco della camicia – denotano l’evidente rapporto con la ritrattistica di Giorgione, resta infinita la distanza che separa il quadro Borghese dallo straordinario originale del maestro di Castelfranco. Negli elenchi del Piancastelli (1891) il ritratto è assegnato al Bronzino sulla scorta della precedente citazione inventariale del 1833, quando il dipinto era esposto nella Stanza delle Veneri di palazzo Borghese, unitamente a diversi capolavori.
Adolfo Venturi (1893) propone il nome di Ottavio Leoni (1578-1630), che fu attivo al servizio dei Borghese nel secondo decennio del Seicento, tuttavia tale riferimento è stato respinto da Longhi (1928) e dalla critica successiva, che generalmente ritiene l’opera una copia seicentesca dall’originale giorgionesco suddetto. L’ipotesi di ricondurre l’esecuzione di questa copia al novero di repliche seicentesche realizzate per conto della famiglia dagli originali che la stessa possedeva (Della Pergola 1955) non può al momento essere approfondita anche considerando che né l’originale, né la copia, sono individuabili negli inventari Borghese noti.
Pier Ludovico Puddu