Il dipinto, realizzato da un pittore seicentesco che rimane tutt’oggi ignoto ma che Venturi riconduceva all’ambito fiorentino, viene registrato per la prima volta in collezione Borghese nel 1833.
L’effigiato, sulla base di confronti iconografici, è facilmente riconoscibile in Francesco Guicciardini, importante storico e personaggio politico della Firenze cinquecentesca.
Con ogni probabilità il quadro fa parte di una serie, insieme ad altri quattro ritratti di uomini illustri, anch’essi conservati in deposito.
Roma, Collezione Borghese (citato per la prima volta nell’Inventario Fidecommissario Borghese, 1833, p. 25). Acquisto dello Stato, 1902.
Non è certo quando il dipinto sia entrato a far parte della collezione Borghese; tuttavia, appare per la prima volta nell’inventario fedecommissario del 1833, esposto nella cosiddetta Sala delle Veneri del palazzo Borghese. Successivamente, l’opera subisce degli spostamenti all’interno del palazzo, fino a che non viene registrata da Adolfo Venturi (1893) nella sala X della villa.
Sembra assai probabile che il suddetto ritratto ed altri quattro presenti in collezione -Lodovico Castelvetro (inv. 448), Pier Soderini (inv. 523), un Papa (inv. 447, che probabilmente è da identificare con Pio III), e Michele di Lando (inv. 449) - facciano parte di una serie di uomini illustri. I quadretti in questione, oltre ad avere le stesse misure (fatta eccezion per quello di Pier Soderini, che è leggermente più grande) e molte somiglianze da un punto di vista stilistico, sono registrati (tranne quello di Soderini) sempre insieme, sia nel palazzo che nella villa. Per quest’ultimo ritratto va fatto un discorso a parte: sebbene nel 1833 fosse, diversamente dagli altri, esposto nel Gabinetto del palazzo e attribuito ad un pittore appartenente alla scuola di Paolo Veronese (Piancastelli, 1891), nel 1893 Venturi lo ricondusse all’ambito fiorentino, registrandone, tra l’altro la sistemazione nella sala XI della villa. Di conseguenza, per via della medesima scuola di appartenenza del pittore, e per le dimensioni molto simili, sembra plausibile asserire che anche il ritratto di Soderini possa far parte della presunta serie, nonostante non sia stato mai esposto insieme agli altri.
L’autore del ritratto risulta ancora oggi ignoto. Sia nell’inventario fedecommissario del 1833 che da Venturi (1893) l’artista viene identificato come un modesto pittore di scuola fiorentina del XVII secolo. Certo è che si tratta di un artista assai mediocre, che eseguì forse tutti e cinque i ritratti ispirandosi ad esemplari più antichi e di maggior pregio.
Il modello iconografico utilizzato dall’anonimo pittore è probabilmente uno dei tanti ritratti cinquecenteschi di Francesco Guicciardini. Forse il più vicino da un punto di vista iconografico potrebbe essere quello realizzato da Giuliano Bugiardini intorno al 1535 e oggi conservato alla Yale University Art Gallery (inv. 1959.15.20).
Non ci sono indizi che permettano di avanzare ipotesi sulla provenienza di questo dipinto (così come degli altri forse appartenenti alla serie). È lecito credere però che, prima di entrare in collezione Borghese, forse per un acquisto, fosse stato comprato da un collezionista di modesta classe sociale. Ciò non deve stupire: infatti nella Roma del Seicento era comune che alcuni quadri venissero venduti a pochi scudi, e addirittura vi erano pittori che si dedicavano esclusivamente alla realizzazione di copie da originali famosi.
Camilla Iacometti