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Ritratto di Vitellio

ambito romano


Il busto riproduce i tratti di una testa antica rinvenuta a Roma all’inizio del Cinquecento e ritenuta per secoli il ritratto di Aulo Vitellio Germanico, che fu imperatore per pochi mesi nel 69. Seppur privo delle connotazioni accentuatamente realistiche dell’originale, il Vitellio risalta nella serie di busti all’antica di cui fa parte per la spiccata individualità.
Il ritratto apparteneva a una serie di sedici, tutti con testa in porfido e busto in alabastro, eseguiti nel XVII secolo e inseriti alla fine del secolo da Cosimo Fancelli nella decorazione da lui ideata per la Galleria degli Specchi del palazzo di famiglia in Campo Marzio. In tale occasione lo stesso Fancelli eseguì un secondo esemplare del Vitellio.

Scheda tecnica

Inventario
CLVIII
Posizione
Datazione
XVII secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
porfido e alabastro orientale
Misure
altezza 88 cm
Provenienza
Inserito tra il 1674 e il 1676 nella decorazione della Galleria del Palazzo Borghese in Campo Marzio (H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies. II, the Galleria, in “The Burlington magazine”, 104,1962, pp. 9-20). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 49, n. 111. Acquisto dello Stato, 1902.
Conservazione e Diagnostica
  • 1995/1996 C.B.C. Coop. a.r.l

Scheda

L’imperatore è ritratto con la testa volta a sinistra e il busto avvolto in un voluminoso paludamentum, il mantello indossato dal comandante dell’esercito, fermato sulla spalla destra da una fibula circolare, e che lascia scoperto lo spallaccio sinistro della corazza e una porzione di veste sottostante. Il busto poggia su un peduccio modanato e un plinto quadrangolare. Il volto ha guance piene, doppio mento e corto collo, la fronte liscia contornata da capelli pettinati all’indietro sulle tempie che formano un ciuffo alla sommità del capo.

I tratti riproducono quelli del cosiddetto “Vitellio” del Museo Archeologico di Venezia, rinvenuto a Roma agli inizi del Cinquecento e a lungo ritenuto ritratto dell’imperatore che regnò nel 69 per via di una qualche somiglianza con l’effigie monetale dello stesso e dell’aspetto pingue che ben corrispondeva al ritratto di uomo dedito ai piaceri della vita lasciatone da Svetonio. Il busto – in realtà ritratto di un personaggio anonimo di epoca adrianea – godette di grande e duratura popolarità presso gli artisti, come testimoniato dalle numerose copie che ne furono eseguite in bronzo, marmo, terracotta e pittura nei secoli successivi (Gaborit 2000, p. 298). Rispetto al prototipo, il presente ritratto mostra un volto meno increspato di rughe e dall’espressione più assorta che volitiva, complice probabilmente la durezza del porfido con cui è realizzato.

L’opera fa parte di una serie di sedici busti in porfido e alabastro provenienti dal Palazzo Borghese in Campo Marzio: riproducenti i Dodici Cesari narrati da Svetonio con l’aggiunta di Nerva e Traiano, di un secondo Vitellio e di un altro Tito, erano collocati all’interno delle nicchie della galleria e circondati da una decorazione con rilievi in stucco raffiguranti episodi salienti della vita di ciascuno e personificazioni delle rispettive virtù, eseguita da Cosimo Fancelli tra il 1674 e il 1676 (Hibbard 1962).In tale collocazione la serie è documentata fino al 1830 (Nibby, p. 360), per poi figurare tra le opere esposte nella sala IV della Villa Pinciana nel 1832 (Nibby 1832, p. 96), con una diversa composizione e l’aggiunta di un altro Vespasiano, eseguito da Tommaso Fedeli nel 1619, proveniente dalla sala del Gladiatore.

Stando ai documenti conservati nell’Archivio Borghese la serie era composta, come detto, dai “Dodici Cesari” con l’aggiunta di Nerva e Traiano, di un secondo Vitellio e di un altro Tito (ASV, AB, b. 5688, n. 15, pubblicati in Hibbard 1962, appendice, doc. I, pp. 19-20). Nel 1830 Nibby li identifica– ancora in Campo Marzio – come “16 busti con teste di porfido, rappresentanti i 12 Cesari e 4 consoli”, e due anni dopo quando ormai sono esposti lungo le pareti della sala IV, li elenca come Traiano, Galba, Claudio, Otone, Vespasiano (2 esemplari), Scipione Africano, Agrippa, Augusto, Vitellio (2 esemplari), Tito, Nerone, Cicerone, Domiziano, Vespasiano, Caligola e Tiberio. Se l’ultima citazione – comprendente anche un secondo Vespasiano, eseguito da Tommaso Fedeli nel 1619, proveniente dalla sala del Gladiatore – è quella che corrisponde allo stato attuale della serie (e trova conferma nell’Inventario Fidecommissario del 1833), resta difficile comprendere che fine abbiano fatto i ritratti di Cesare, Tito e Nerva, presenti nel 1674-76 e non più rintracciabili nella serie attuale, chi fosse il quarto console indicato da Nibby nel 1830, dal momento che oggi ve ne sono solo tre (Agrippa, Cicerone e Scipione Africano) e quale sia la provenienza di questi ultimi. Appare quindi ipotizzabile che i busti utilizzati nella galleria – già presenti nel Palazzo Borghese – non corrispondessero ai personaggi previsti nel programma iconografico della volta e che questa difformità abbia in seguito complicato l’identificazione dei ritratti. A sostegno di questa ipotesi è anche la datazione dell’insieme, che la critica è concorde nel ritenere eseguito contemporaneamente nel XVII secolo (Faldi 1954, pp. 16-17; Della Pergola, 1974; Moreno, C. Stefani,2000, p. 129; Del Bufalo 2018, p. 116).

      Sonja Felici


Bibliografia
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  • R. Venuti, Accurata, e succinta descrizione topografica, e istorica di Roma moderna, Roma 1766, p. 170.
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  • C. Fea, Nuova descrizione di Roma antica e moderna e de’ suoi contorni, sue rarità specialmente dopo le nuove scoperte cogli scavi: arricchita delle vedute più interessanti, Roma 1820, II, p. 481.
  • A. Nibby, Itinerario di Roma e delle sue vicinanze, vol. 2, Roma 1830, p. 360.
  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, p. 96.
  • A. Nibby, Roma nell’anno MDCCCXXXVIII. Parte seconda moderna, Roma 1841, pp. 919-920.
  • Beschreibung der Stadt Rom, a cura di E. Z. Platner, III, 3, Stuttgart-Tübingen 1842, p. 249.
  • E. Pistolesi, Descrizione di Roma e suoi contorni, Roma, Gallarini, 1852, p. 385.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano del Palazzo della Villa Borghese, Roma 1854 (1873), I, p. 19.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, pp. 33-34.
  • A. De Rinaldis, La R. Galleria Borghese in Roma, Roma 1935, p. 13.
  • A. De Rinaldis, Arte decorativa nella Galleria Borghese, in “Rassegna della Istruzione artistica”, 10-11-12, 1935, pp. 311-319, in part. p. 318.
  • A. De Rinaldis, Catalogo della Galleria Borghese in Roma, Roma 1948, p. 25.
  • P. Della Pergola, La galleria Borghese in Roma, Roma 1951, pp. 14-15.
  • I. Faldi, Galleria Borghese. Le sculture dal sec. XVI al XIX, Roma 1954, pp. 16-17, cat. 11, fig. 11n.
  • H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies. II, the Galleria, in “The Burlington magazine”, 104,1962, pp. 9-20.
  • Le collezioni della Galleria Borghese, a cura di S. Staccioli, P. Moreno, Milano 1981, p. 103.
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  • D. Di Castro Moscati, Il porfido rosso antico, una esclusività romana, in “Gazzetta antiquaria”, 1, 1987, pp. 42-48.
  • P. Moreno, C. Sforzini, I ministri del principe Camillo: cronaca della collezione Borghese di antichità dal 1807 al 1832, in “Scienze dell’Antichità”, 1, 1987, pp. 339-371.
  • E. Fumagalli, Palazzo Borghese: committenza e decorazione privata, Roma 1994.
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  • D. Batorska, Designs for the Galleria in Palazzo Borghese in Rome: new proposals, in “Paragone”, 48, 1997(1998), pp. 26-45.
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  • J.R. Gaborit, Le “Vitellius de Venise” ou comment un Romain anonyme fuit proclamé empereur, in D’après l’antique, catalogo della mostra (Parigi, Musée du Louvre, 2000-2001), a cura di J.P. Cuzin, J.R. Gaborit, Paris 2000, p. 298, scheda p. 300.
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  • I. Favaretto, Busto del cosiddetto Vitellio, in Restituzioni 2002. Capolavori restaurati, catalogo della mostra (Vicenza, Gallerie di Palazzo Leoni Montanari, 2002), a cura di C. Bertelli, Vicenza 2002, pp. 66-71, cat. 8.
  • V. Curzi, Allestimenti di dimore romane tra Seicento e Settecento: un itinerario nella tradizione classicista dell’Urbe, in Il capitale culturale, Supplementi 8 (2018), pp. 301-316, in part. 305-306.
  • D. Del Bufalo, Porphyry. Red imperial porphyry. Power and religion, Torino 2018, p. 116, n. H79.
  • Scheda di catalogo 12/01008651, S. Pellizzari 1983; aggiornamento S. Felici 2020.