La sinuosa figura, che si conserva parzialmente, ritrae un fanciullo nudo che sorregge nella mano destra una brocca inclinata. La scultura, rinvenuta nel 1830 nel feudo della famiglia Borghese a Nomentum, è indicata dagli autori come Ganimede o Hylas, il bellissimo giovane amato da Eracle e rapito dalle ninfe.
Si tratta di un’elegante replica, inquadrabile nel I secolo d.C., del tipo iconografico del putto idroforo di ispirazione ellenistica. La presenza di un condotto nel sostegno e nella gamba destra confermerebbe la pertinenza all’apparato decorativo di una fontana
Collezione Borghese, rinvenuta nel 1830 negli scavi di Nomentum, feudo di proprietà Borghese (Canina 1831, p. 29); nella Palazzina è presente nel 1832 nella prima camera (Nibby, p. 65, n. 9). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 45, n. 60. Acquisto dello Stato, 1902.
Il Canina nel 1831 ricorda il ritrovamento presso Mentana di un torso “di eccellente lavoro” che identifica come un “giovine Bacco in atto di versare liquori da un vaso che tiene alla sua destra”. L’autore ritiene che la scultura ornasse un’abitazione suburbana di “qualche ricca persona” (p. 29). Gli scavi furono commissionati a Giuseppe Spagna nel 1830 dalla famiglia Borghese, proprietaria del feudo dal 1632 (Pala 1976, p. 7). Una missiva indirizzata al Principe Camillo Borghese dal funzionario Tommaso Salini e datata il 2 dicembre del 1830, riporta tra le scoperte “un Torso o sia una figura mancante di testa, e bracce di Buona Scoltura” (b. 7458). Di poco successivo è il resoconto del Ministro Evasio Gozzani che permette di identificare nella scultura l’opera in esame: “un bellissimo torso di marmo pario che si suppone doveva rappresentare un Ganimede” (b. 7458, 1830, n. 136: Moreno, Sforzini 1987, p. 368). La provenienza è confermata anche dal Nibby, nel 1832, che riconosce nella figura un Ganimede o un semplice putto “messo ad ornamento di qualche fontana, o bagno”. L’autore nomina la scultura nella prima camera (p. 65, n. 9). Lo stesso autore nel 1841 la indica come Hylas, giovane paredro di Eracle rapito dalle ninfe per la sua bellezza (p. 914, n. 10); identificazione condivisa dal Tomassetti nel 1891 (p. 100). Il Pala nel descrivere gli scavi e i materiali rinvenuti negli interventi di Mentana menziona un documento conservato nell’Archivio di Stato di Roma Camerlengato, nel quale il fanciullo è definito come “torso di putto marmoreo” (ASR, Camerlengato II, tit. VI, fasc. 1219, b. 204). Nell’odierna sistemazione, la sala V, è citata dal Venturi che la ritiene, erroneamente, proveniente dalla via Nomentana (1893, p. 37).
È raffigurato un fanciullo di giovane età, nudo, che trattiene nel braccio destro, disteso lungo il corpo, una brocca, l’oinochoe, inclinata. Si tratta di una pregevole copia inquadrabile nel I secolo d.C. del tipo iconografico del putto idroforo di ispirazione ellenistica. Le morbide forme e una simile impostazione del corpo si ritrovano nel Fanciullo Torlonia, identificato come Ganimede e in quello Rospigliosi, che presenta la medesima ponderazione (Reinach 1931, p. 475, nn. 4, 6).
Nell’esemplare Borghese, la presenza di un condotto nel sostegno e nella gamba destra confermerebbe la destinazione decorativa di una fontana.
Giulia Ciccarello