Nel 1700 la scultura viene citata da Domenico Montelatici nella Villa Borghese di Roma, nel Casino del Graziano; in seguito andò a far parte degli ornamenti della Villa di Mondragone presso Frascati, da dove viene nuovamente trasportata a Roma nel 1819, nel periodo in cui si ricostituiva la collezione di antichità della Villa Pinciana, gravemente depauperata dalla vendita a Napoleone, nel 1807, di una grande parte delle sculture antiche. Il gruppo, che conserva di antico solo il busto, raffigura un fanciullo nudo in ginocchio che trattiene con la mano sinistra il collo di un’anatra, mentre la destra è poggiata su un secondo volatile a terra. I massicci interventi di restauro permettono solo di avanzare ipotesi circa l’identificazione dell’opera che potrebbe considerarsi una rivisitazione, inquadrabile nel II secolo d.C., del modello ellenistico del fanciullo che strozza l’oca, attribuito da Plinio allo scultore Boethos.
Collezione Borghese, citata per la prima volta da Montelatici (1700, p. 106) nel casino del Graziano; trasportata successivamente nella villa di Mondragone e, nel 1819, di nuovo nella Villa Pinciana (AAV, Archivio Borghese, b. 8096, p. 102). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 47, n.89. Acquisto dello Stato, 1902.
Il fanciullo, in età puberale, è raffigurato, nudo, in posizione stante, accovacciato. La gamba destra, piegata, poggia sulla parte anteriore del piede, mentre il peso del corpo appare sostenuto dalla gamba sinistra, leggermente rivolta verso l’esterno. Il braccio destro è disteso lungo il corpo e la mano poggia su un’anatra adagiata in terra; quello sinistro, invece, flesso, si posa sul ginocchio e nella mano trattiene il collo di un secondo volatile. Il capo, volto verso sinistra, è sormontato da una capigliatura di riccioli spessi e corposi. Il volto è sorridente, con bocca dischiusa e naso pronunciato.
Il gruppo è descritto nel 1700 da Domenico Montelatici nel Casino del Graziano di Villa Borghese come “una Stagione rappresentante l’Inverno con due anatre” (Montelatici 1700, p. 106). In seguito lo si ritrova tra le sculture che ornavano la Villa di Mondragone presso Frascati e che nel 1819 sono trasportate a Roma per essere utilizzate nel nuovo allestimento della Villa Pinciana, drasticamente depauperato dalla vendita della collezione di scultura antica a Napoleone da parte del cognato, il principe Camillo, nel 1807. Nello stesso 1819 il gruppo scultoreo è affidato agli interventi dello scultore Felice Festa: “Figuretta di un ragazzo inginocchiato sopra la gamba dritta in atto di tenere due anatrelle, il braccio dritto va connesso, le gambe delle anatrelle, che posano sopra la pianta vanno ristaurate, non che altra mancanza possa avere” (Archivio Apostolico Vaticano, Archivio Borghese, b. 1005, n. 158, 12 ottobre 1819; Moreno, Sforzini 2000, p. 347). Nel 1828, durante il ripristino della collezione, è redatta da Antonio D’Este e Massimiliano Laboureur, su indicazione di Giuseppe Gozzani, una Nomenclatura della statuaria antica della Galleria Borghese, nella quale la scultura compare nella sua attuale collocazione, nella sala III (Archivio Apostolico Vaticano, Archivio Borghese, b. 348, fasc. 33; Moreno 1975-1976, p. 46). Antonio Nibby, nel 1832, la definisce “un garzone accovacciato che stringe colla sinistra un’anatrina, e preme colla destra un’anatra, buon lavoro del tempo degli Antonini” (Nibby 1832, p. 86).
La scultura, fortemente restaurata, conserva di antico solo il busto. Ne appare quindi difficile un’interpretazione puntuale. Gli interventi di integrazione sono da individuare in un momento precedente il 1700, secondo la descrizione del Montelatici che ne fornisce un prezioso terminus ante quem. Paolo Moreno attribuisce al restauro moderno la base e l’aggiunta della testa (Moreno 2000, p. 107, n. 3).
L’archetipo si può ricercare nel modello ellenistico del fanciullo che strozza un’oca, attribuito da Plinio allo scultore Boethos, attivo tra il III e il II secolo a.C., del quale il torso sarebbe una variante di epoca romana, inquadrabile nel II secolo d.C. (Nat. Hist., XXXIV, 84). La scultura, dal morbido incarnato, sembra potersi accostare alla figura di un fanciullo, in piedi, con un grappolo di uva e un’anatra nelle mani, conservato al Museum of Fine Arts di Houston (Hoffmann 1970, p. 42, n. 13) e a una simile rinvenuta nei Praedia di Iulia Felix a Pompei (Inserra 2008, pp. 58-59, n. A33).
L’esiguità dell’antico porta a non escludere che possa trattarsi della raffigurazione di un Heraklìskos, un giovane Eracle intento nella lotta contro i serpenti. Il motivo è particolarmente apprezzato tra il I e il II secolo d.C. come appare dalle numerose repliche note, tra le quali si annovera la scultura conservata presso i Musei Capitolini, datata alla seconda metà del II secolo d.C. (Arafa 1993, pp. 73-96).
Giulia Ciccarello