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Statua di Musa Melpomene

Arte romana


La statua muliebre fortemente corrosa per la lunga esposizione agli agenti esterni è antica in quasi tutta la figura, a eccezione della testa e di parte del braccio destro. Il personaggio indossa un chitone manicato fittamente pieghettato e un mantello che scende dalla spalla sinistra e si drappeggia nella parte sinistra del corpo. Nella mano sinistra, piegata al petto, regge una maschera teatrale, di cui manca il volto, ma che sulla base dell’alta pettinatura a riccioli può essere riconosciuta come una maschera tragica; tale attributo, insieme alla clava che la figura tiene nella destra abbassata conferma che si tratta della Musa della Tragedia, Melpomene. Secondo un’ipotesi di Moreno, insieme all’altra Musa esposta sull’estremità opposta della balaustra potrebbe appartenere al complesso di Muse rinvenute a Monte Calvo, in Sabina, nella villa romana dei Bruttii Praesentes, acquistate nel 1834, di cui sei vennero vendute nel 1895 alla Ny Carlsberg Glyptothek di Copenaghen.


Scheda tecnica

Posizione
Datazione
II sec. d.C.
Tipologia
Materia / Tecnica
marmo di Luni
Misure
altezza con plinto cm 188
Provenienza

Dagli scavi di Monte Calvo, nella collezione Borghese dal 1834. Acquisto dello Stato, 1902.

Conservazione e Diagnostica
  • 1837, Antonio Ferrari
  • 1992-95, Liana Persichelli
  • 2022, Consorzio RECRO

Scheda

Nell’ambito delle operazioni di restauro strutturale delle fabbriche di Villa Pinciana, nel 1837 l’architetto Luigi Canina predispose l’allestimento di sculture sulla facciata principale, inserendo la statua muliebre in esame sull’ultima delle quattro basi rettangolari recanti in altorilievo i simboli araldici della famiglia Borghese che scandiscono la balaustra della Terrazza, affiancata a sinistra da una scultura di togato (Petrucci 2014, p. 188). Secondo un’ipotesi di Moreno (scheda di catalogo), la statua in esame, insieme all’altra Musa esposta sull’estremità opposta della balaustra potrebbe appartenere al complesso di Muse rinvenute a Monte Calvo, in Sabina, nella villa romana dei Bruttii Praesentes scavata a partire dal 1823, da cui proviene anche il Satiro danzante (CCXXV). Acquisite nel 1834 e dunque non presenti nell’Inventario Fidecommissario, le due statue in terrazza sarebbero le sole rimaste presso la villa, mentre altre sei – di cui quattro collocate fino al 1888 in sala III – insieme alla Giunone, l’Anacreonte, il Tirteo, il Poeta Seduto vennero vendute nel 1895 a Carl Jacobsen per la Ny Carlsberg Glyptothek di Copenaghen (Brusini 2001).

La statua fortemente corrosa per la lunga esposizione agli agenti esterni è antica in quasi tutta la figura, a eccezione della testa e parte del braccio destro; rappresenta una figura muliebre con gamba sinistra portante, mentre la destra era lievemente flessa e scartata in avanti. Il personaggio indossa un chitone manicato fittamente pieghettato stretto sotto il petto da un’alta cintura e l’himation che scende dalla spalla sinistra, drappeggiato sulla parte sinistra del corpo. Nella mano sinistra, piegata al petto, regge una maschera teatrale, di cui manca il volto, ma che sulla base dell’alta pettinatura a riccioli può essere una maschera tragica; tale attributo, insieme alla clava che la figura tiene nella destra abbassata, conferma l’identificazione con la Musa della Tragedia, Melpomene.

Lo schema iconografico, attestato in ambiente romano sia per raffigurare Melpomene sia per Muse suonatrici già nel I sec. a.C. è riconducibile a quello dell’Apollo citaredo, quale noto nel rilievo di Archelaos di Priene, che si ritiene riprenda una statua a tutto tondo tardoellenistica, e viene canonizzato sui numerosi sarcofagi prodotti a partire dal II sec. d.C. (Paduano Faedo 1981, p. 141, nota 219). Gli elementi del drappeggio e l’accurata esecuzione delle pieghe, ancora apprezzabili nonostante la alterazione della superficie esposta all’aperto, permettono di inquadrare la scultura Borghese in età adrianea.

Diverse fonti antiche menzionano gruppi scultorei raffiguranti Muse, soprattutto tra IV e II sec. a.C. Tuttavia, nonostante la fortuna di tale tema, attestato dalle molte repliche sia ellenistiche che romane e rinvenuto in contesti pubblici e privati, manca a tutt’oggi un numero di statue da un unico contesto tale da far ipotizzare un gruppo completo in cui intravedere un archetipo citato dalle fonti. Fra i gruppi che presentano un maggior numero di statue, in parte sedute e in parte stanti, si ricordano quello della Villa di Cassio a Tivoli, quello di Monte Calvo e, nonostante l’incertezza dovuta alla dispersione, quello di Villa Adriana, in cui gli schemi adottati nelle opere di botteghe urbane imperiali vengono elaborati nell’ambito della produzione statuaria di epoca tardo classica ed ellenistica (Ottati 2014, pp. 115-117).

Jessica Clementi




Bibliografia
  • L. Paduano Faedo, I sarcofagi romani con muse, in “Aufstieg und Niedergang der römischen Welt”, II, 12. 2, Berlin, 1981, pp. 65-155.
  • S. Brusini, La decorazione scultorea della Villa Romana di Monte Calvo, in “Rivista dell'Istituto Nazionale d'Archeologia e Storia dell'Arte”, 55, 2000.
  • I. Petrucci, La decorazione scultorea della facciata principale del casino Borghese dall'epoca del principe Camillo ai giorni nostri. Nuove ricerche per la collezione di antichità, in “Archeologia Classica”, 65, 2014, pp. 181-216, in part. pp. 188, 191, fig. 7.
  • A. Ottati, Dal Pentelico a Tivoli. Alcune osservazioni su programma decorativo, marmi e officine nell’arredo statuario dell’Odeion di Villa Adriana, in “Annuario della Scuola Archeologica di Atene”, XCII, s.III, 14, 2014, pp. 99-128.
  • Scheda di catalogo 12/01008584, P. Moreno 1979; aggiornamento G. Ciccarello 2021