La figura muliebre, stante sulla gamba destra, indossa chitone smanicato e mantello, che la avvolge scendendo in fitte pieghe dal braccio sinistro; nella mano stringe una maschera – opera del restauro moderno in veste di Musa. Il tipo statuario ricorda quello della Themis (Giustizia) nel santuario di Ramnunte (inizio III sec. a.C.) ampiamente adottato e riadattato dall’età ellenistica per la realizzazione di statue di Muse e ritratti privati. Mentre il corpo della scultura Borghese è stilisticamente inquadrabile in età antonina, la testa ritratto – caratterizzata da morbide ciocche lisce divise in due bande e raccolte dietro la nuca in una piatta treccia fissata sulla sommità del capo – può essere datata alla metà del III sec., coeva all'imperatrice Etruscilla (249-251).
Collezione Borghese (ante 1650, Manilli)?; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 53, n. 178 (sala VIII). Acquisto dello Stato, 1902
La scultura, di cui è ignota la provenienza, potrebbe coincidere, secondo una ipotesi di Paolo Moreno, con la statua di “Poesia con una maschera in mano” descritta dal Manilli e Montelatici alla fine del XVII secolo nel piazzale teatroide dinanzi l’ingresso di via Pinciana.
La figura muliebre è stante sulla gamba destra, con la sinistra leggermente flessa in avanti. Il corpo è coperto da chitone senza maniche fittamente pieghettato, fissato sulle spalle da un fermaglio e con himation che scende dalla spalla sinistra e si drappeggia nella parte inferiore del corpo formando un rotolo di pieghe sui fianchi. Il braccio destro, di restauro, è piegato davanti al petto e posato sulla maschera, anch’essa aggiunta dal restauratore, stretta nella sinistra.
Il tipo statuario ricorda, in maniera molto semplificata, quello della Themis nel santuario di Nemesi a Ramnunte, opera del primo ventennio del III sec. a.C., ma ispirata a modelli del tardo classicismo, che venne variamente interpretata a partire dall’età ellenistica per l’esecuzione di statue di Muse, divinità o, soprattutto in ambito romano, iconiche (Kruse 1975, p. 116). La tecnica esecutiva, in particolare l’uso del trapano, suggeriscono per l’esemplare Borghese una datazione all’età antoniniana.
Opera del restauro moderno, probabilmente in questo caso ottocentesco, è l’inserimento della testa ritratto non pertinente: la matrona, non più giovane, ha zigomi forti, doppio mento accentuato e grandi labbra carnose; grandi occhi con pupilla incisa sormontati da ampie sopracciglia e fronte lievemente corrugata. I capelli morbidi, senza ondulazioni, sono divisi in due bande ai lati della scriminatura centrale e lasciano scoperte le orecchie, poi raccolti dietro la nuca in una treccia “a stuoia” priva di volume fissata sulla sommità del capo.
La moda della treccia condotta dalla nuca fin sulla parte superiore della testa (cd. Scheitelzopf Frisur, letteralmente pettinatura con scriminatura a treccia) si diffuse al tempo delle imperatrici Furia Sabina Tranquillina e Marcia Otacilia Severa, mogli di Gallieno III e Filippo l’Arabo, mentre la versione allungata oltre l’occipite fu particolarmente in voga in età gallienica, come si riscontra nei ritratti di Cornelia Supera e Cornelia Salonina (Bergman 1977, pp. 182 ss; Buccino 2011, p. 378 ss). Particolari analogie stilistiche e nel trattamento dell’acconciatura possono essere riscontrate con un ritratto muliebre da Efeso al museo di Izmir (inv. n. 963; Inan, Rosenbaum 1966, pp. 137-138, n. 170), datato al 245-250 d.C. Nella testa Borghese possiamo ravvisare un ritratto muliebre privato contemporaneo all'imperatrice Erennia Cupressenia Etruscilla, moglie dell’imperatore Traiano Decio (249-251 d.C.), come nota dai reperti numismatici e dal ritratto plastico conservato al Museo Nazionale Romano (inv. 121016; Millozzi 2015).
Jessica Clementi