Galleria Borghese logo
Risultati della ricerca
X
Nessun risultato :(

Consigli per la tua ricerca:

  • I risultati del motore di ricerca si aggiornano istantaneamente non appena si modifica la chiave di ricerca.
  • Se hai inserito più di una parola, prova a semplificare la ricerca scrivendone solo una, in seguito si potranno aggiungere altre parole per filtrare i risultati.
  • Ometti parole con meno di 3 caratteri, ad esempio "il", "di", "la", perché non saranno incluse nella ricerca.
  • Non è necessario inserire accenti o maiuscole.
  • La ricerca di parole, anche se scritte parzialmente, includerà anche le diverse varianti esistenti in banca dati.
  • Se la tua ricerca non produce risultati, prova a scrivere solo i primi caratteri di una parola per vedere se esiste in banca dati.

Statua di peplofora

Arte romana


La figura muliebre, con indosso un peplo in lana (perciò detta peplofora) è stante sulla gamba sinistra, con la destra che emerge con il ginocchio sotto la veste, interrompendone la rigida verticalità. Le braccia, di restauro, sono arbitrariamente disposte lungo i fianchi; tuttavia, è probabile che una o entrambe fossero portate in avanti, in atto di offerta. La peplofora Borghese, del tipo Copenaghen – dall’esemplare eponimo conservato alla Ny Carlsberg Glyptotek –  è una delle numerose repliche note che testimoniano l’ampia fortuna incontrata dal tipo iconografico presso le botteghe scultoree di età romana, soprattutto nella prima età giulio-claudia e successivamente in età adrianea. La scultura è forse identificabile con la statua di “sacerdotessa” dissotterrata nel 1827, in corrispondenza del tinello e dei fienili di Grotta Pallotta, presso villa Pinciana.


Scheda tecnica

Inventario
CCXVI
Posizione
Datazione
I secolo d.C.
Tipologia
Materia / Tecnica
marmo pentelico
Misure
altezza senza plinto cm 172; base antica quadrata cm 46
Provenienza
Dai fienili di Grotta Pallotta, 1827; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 52, n. 160. Acquisto dello Stato, 1902. 
Conservazione e Diagnostica
  • 1827, Francesco Massimiliano Laboureur
  • 1996/97, Liana Persichelli

Scheda

La statua può forse essere riconosciuta nella “sacerdotessa” menzionata in una lettera del 27 giugno 1827 di Evasio Gozzani al Principe Camillo, dissotterrata in corrispondenza del tinello e dei fienili di Grotta Pallotta. Il tinello è ancora identificabile nell’edificio ovale ai margini di via di villa Pinciana; nella stessa area emersero tre frammenti di fregio con imprese daciche, oggi nel portico. Nello stesso anno la scultura venne affidata a Francesco Massimiliano Laboureur per il restauro e successivamente esposta nella sala VII, nella sua attuale collocazione. Ancora nell’inventario Fidecomissario del 1833 la scultura è descritta come “sacerdotessa di Iside”.

La statua poggia sulla gamba sinistra, mentre la destra è flessa e avanzata; veste un peplo dorico (perciò detta peplophoros) chiuso al lato e sulle spalle e fermato al di sopra dell’anca da una cintura: il peplo scende liscio sul petto e sul dorso, mentre appena visibili, sotto il bordo liscio dell’apoptygma (la ricaduta del peplo), sono le piccole pieghe del kolpos (rimbocco) determinate dalla cintura. Nella parte inferiore del corpo il drappeggio si complica in pieghe dai dorsi spessi, che rendono il senso della pesantezza della stoffa, parallele tra loro e rigide come le scanalature di una colonna dorica; la rigida verticalità è interrotta dalla sagoma della gamba destra che emerge con il ginocchio sotto la veste. Poco ci rimane delle braccia antiche, né possiamo stabilire con esattezza la loro posizione, tuttavia è probabile che una o entrambe fossero portate in avanti, nel gesto di offerente. Notevoli sono le influenze ionico-attiche nella morbidezza della stoffa sulla gamba libera e nella testa, lavorata separatamente, in cui il modellato del volto, l’ovale e la capigliatura rimandano all’ambiente attico.

La ponderazione della nostra peplophoros caratterizza anche il tipo Copenaghen, dall’esemplare eponimo acefalo conservato alla Ny Carlsberg Glyptotek (inv. 433) e noto da poche repliche, come quella proveniente da Rione Terra (Baia, Castello Aragonese inv. 292863). È possibile, come è stato ipotizzato, che questo tipo fosse esposto in coppia con quello, di ponderazione opposta, denominato Candia-Ludovisi (sul tipo, Tölle-Kastenbein 1986, pp. 15-32), replica di un’opera greca di età classica, come comproverebbe il rinvenimento di due repliche presso gli Horti Sallustiani a Roma, da cui proveniva un terzo esemplare, oggi a Boston. Il rinvenimento di peplophoroi in gruppo è attestato, a titolo di esempio, dalle due sculture provenienti dall’area di Castel S. Angelo, oggi al Museo Nazionale Romano (Paribeni 1979, nn. 34-35, pp. 37-38), dalle quattro provenienti dal complesso augusteo di Rione Terra a Pozzuoli (Valeri 2005, pp. 68-77)e delle cinque peplophoroi di bronzo di fattura neoattica provenienti dalla villa dei Papiri di Ercolano (Mattusch 2005, pp. 195-215).

Le numerose repliche note testimoniano l’ampia fortuna che il tipo iconografico incontrò presso le botteghe scultoree di età romana, soprattutto nella prima età giulio-claudia, in cui possiamo inserire la statua Borghese, e successivamente in età adrianea, quando si recuperarono i modelli attici dello stile tardo-severo. 

Jessica Clementi




Bibliografia
  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, p. 121, n. 4.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese, Roma 1840, p. 23, n. 14.
  • A. Nibby, Roma nell’anno 1838, Roma 1841, p. 923.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese, Roma 1854 (1873), p. 26, n. 14.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 44.
  • G. Giusti, La Galerie Borghèse et la Ville Humbert Premier à Rome, Roma 1904, p. 32.
  • W. Helbig (a cura di), Führer durch die öffentlichen Sammlungen klassischer Altertümer in Rom, (3° Edizione), II, Tübingen 1913, p. 248, n. 1558.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, Roma 1954, p. 20.
  • R. Calza, Catalogo del Gabinetto fotografico Nazionale, Galleria Borghese, Collezione degli oggetti antichi, Roma 1957, p. 7, n. 4-5.
  • W. Helbig, Führer durch die öffentlichen Sammlungen Klassischer Altertümer in Rom (4° Edizione a cura di H. Speier), II, Tübingen 1966, p. 741, n. 1990 (Fuchs).
  • E. Paribeni, in Museo Nazionale Romano. Le sculture, I.1, Roma 1979, nn. 34-35, pp. 38-39.
  • P. Moreno, Museo e Galleria Borghese, La collezione archeologica, Roma 1980, p. 19, fig. 38.
  • P. Moreno, S. Staccioli, Le collezioni della Galleria Borghese, Milano 1981, p. 100, fig. 65.
  • R. Tölle-Kastenbein, Frühklassische Peplosfiguren. Typen und Repliken. Antike Plastik, Berlino 1986, pp. 15-32.
  • P. Moreno, C. Sforzini, I ministri del principe Camillo: cronaca della collezione Borghese di antichità dal 1807 al 1832, in “Scienze dell’Antichità”, 1, 1987, pp. 339-371, in part. pp. 354.
  • P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 178, n. 11.
  • P. Moreno, A. Viacava, I marmi antichi della Galleria Borghese. La collezione archeologica di Camillo e Francesco Borghese, Roma 2003, pp. 241-243, n. 232.
  • C.C. Mattusch, The Villa dei Papiri at Herculaneum. Life and Afterlife of a Sculpture Collection, Los Angeles 2005.
  • C. Valeri, Marmora Phlegraea. Sculture da Rione Terra di Pozzuoli, Roma 2005, pp. 68-77.
  • Scheda di catalogo 12/01008512, P. Moreno 1975; aggiornamento G. Ciccarello 2021