La scultura emerse dagli scavi eseguiti nel 1820 presso Vigna Lucidi, tra Monteporzio e Frascati, di proprietà della famiglia Borghese. Ricordata nel 1832 nel Portico dal Nibby, ritrae una figura maschile nuda, adornata solo da una benda arricciata sulle spalle. Le caratteristiche anatomiche ben delineate e asciutte richiamano l’iconografia dell’Ercole vincitore, nota da alcune repliche. Si tratta, probabilmente, di un’opera realizzata tra il I e il II secolo d.C., ispirata a modelli attici del IV secolo a.C.
Rinvenuta nel 1820 negli scavi della Vigna Lucidi, di proprietà della famiglia Borghese (Moreno, Sforzini 1987, p. 348). Collezione Borghese, ricordata per la prima volta nel 1832 nel Portico dal Nibby (pp. 16-17, n. 6). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 41, n. 1. Acquisto dello Stato, 1902.
La scultura è ricordata nel 1832 nel Portico dal Nibby, insieme ad altri due “torsi semicolossali”, tutti rinvenuti, secondo l’autore, nel 1826 nella Vigna Lucidi. Gli scavi sono intrapresi per volontà del Principe Camillo Borghese nel 1820 nella proprietà della famiglia in località Santa Croce, tra Monte Porzio e Frascati, concessa in enfiteusi a Cesare Lucidi (Valenti 2003, pp. 188-189, nota 22). Il Valenti, che nel 2003 esamina le sculture provenienti dalla Vigna, ritiene che le indagini archeologiche siano state svolte in un’unica campagna tra il 1820 e il 1821 e che la datazione riportata dal Nibby sia da imputare a un errore di trascrizione (Valenti 2003, p. 188, nota 17).
Il Nibby nel 1832 la considera “di lavoro squisito: pieno di verità e di morbidezza” al punto da far ricordare la mano di Prassitele e propone di interpretarla come Apollo nell’atto di tendere l’arco (pp. 16-17, n. 6); successivamente, nel 1841, la menziona “collocata su d’un cippo di Catilia Paolina” (p. 910). Nel 1893 il Venturi la indica come “torso di statua d’uomo ignudo” (p. 11). Il Lippold, nel 1925, riprende quanto detto dal Nibby in merito a luogo e anno di ritrovamento. Nel descrivere l’opera - che definisce un ottimo lavoro - nota la presenza di particolarità anatomiche, come le vene sull’addome o i capezzoli profilati in bronzo, e della caratteristica benda che, partendo dalla testa doveva ricadere sulle spalle (p. 2, n. 2708).
La scultura, di dimensioni maggiori del vero, ritrae un giovane nudo, stante. Il corpo, sostenuto da un basamento posto sotto l’anca sinistra, doveva poggiare sulla gamba destra tesa, mentre la sinistra doveva essere leggermente avanzata. La contrazione dei muscoli delle spalle suggerisce che la testa fosse volta verso sinistra e che fosse coronata da una benda che si conserva arricciata sulle spalle. Il busto mostra una leggera flessione verso sinistra, evidenziata dalla linea alba. La struttura anatomica è asciutta e contratta, con una precisa individuazione dei fasci muscolari e delle vene sull’addome. I pettorali, sottolineati da un solco profondo verticale, presentano capezzoli profilati in bronzo mentre il pube, coperto da una foglia di restauro, conserva i corti peli ricci. La figura, che il Moreno individua come Statua di Ercole vincitore e ritiene copia di un originale del IV secolo a.C. (1980, p. 8), presenta delle forti affinità con una statuetta conservata al Museo Chiaramonti. La piccola scultura è provvista del braccio sinistro flesso in avanti, particolare che sembra potersi ipotizzare anche per l’opera Borghese (Inv. 2131: Todisco 1993, p. 41, n. 313). Caratteristiche simili presentano due statue dell’eroe in bronzo dorato provenienti una dal Teatro di Pompeo e esposta ai Musei Vaticani (Inv. MV.252.0.0: Viacava 1994, p. 92, n. 18, figg. 88, 88a) e una seconda rinvenuta nell’area del Foro Boario, ai Musei Capitolini (Inv. MC1265: Torelli, Menichetti, Grassigli 2008, p. 105). Entrambe sono considerate, in base all’osservazione delle proporzioni e del forte modellato del corpo, derivazioni da modelli attici del IV secolo a.C., ipotesi che potrebbe essere assunta anche per la scultura in esame, inquadrabile indicativamente tra il I e il II secolo d.C.
Giulia Ciccarello