Il busto, di ignota provenienza, rappresenta Afrodite, dea dell’amore e della fecondità, cui è stata adattata una testa ritratto non pertinente, fortemente restaurata e rilavorata. L’armilla e il lembo di mantello conservati sul braccio sinistro permettono di riconoscervi un tipo di Afrodite tradizionalmente associata agli epiteti Pontia (creata da Ponto, il mare) ed Euploia (protettrice della navigazione), elaborazione di età ellenistica e di ambiente microasiatico. Nel mondo romano, il tipo fu utilizzato per decorare giardini e horti o ambienti termali, talvolta come figura di fontana, sfruttando l’apertura posta nella bocca del delfino che fungeva da sostegno in alcune repliche o a scopi ritrattistici, con probabile funzione funeraria.
Collezione Borghese, citata per la prima volta nell’Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 53, n. 171. Acquisto dello Stato, 1902.
Il busto rappresenta Afrodite, dea dell’amore e della fecondità, cui è stata adattata una testa non pertinente, fortemente restaurata e rilavorata, volta a destra e in alto, con la capigliatura scriminata al centro e raccolta sulla nuca, secondo un modello diffuso a partire dall’età classica.
Ignote sono la provenienza e la data di acquisizione della scultura, che è documentata per la prima volta nell’Inventario Fidecommissario del 1833, in sala VIII, e descritta come “Busto incognito di donna” e poco più tardi, nella guida di Antonio Nibby, come “Busto femminile sconosciuto, ma avente forma d'una Venere”.
L’armilla e il lembo di mantello conservati sul braccio sinistro permettono di ricondurre il busto a un tipo di Afrodite noto da una ventina di repliche, tradizionalmente associata agli epiteti Pontia (creata da Ponto, il mare) ed Euploia (protettrice della navigazione) (Delivorrias et alii 1984, pp. 69-70, nn. 599-604; Schmidt 1997, p. 201, nn. 69-73). Il modello è una elaborazione di età ellenistica e di ambiente microasiatico, probabilmente rodio, che rimanda a diversi tipi di Afrodite di IV sec. a.C.
Dalle repliche note è possibile ricostruire l’originaria iconografia: la dea è rappresentata stante sulla gamba destra, con la sinistra flessa e sollevata; il fianco destro è inclinato verso l'esterno, conferendo al corpo un movimento sinuoso, accentuato dal braccio destro flesso e appoggiato al fianco. Il braccio sinistro, con un’armilla nella parte superiore – non presente in tutte le repliche - è abbassato ed esteso e poggia su un sostegno, generalmente una brocca su pilastrino. La dea è colta in fase di disvelamento, con il mantello che cade lungo la schiena e si piega su una linea intorno all'anca destra fino alla parte anteriore del busto, ricadendo sulla coscia sinistra e lasciando scoperto il torso fino all’inguine, mentre l'altro lembo è infilato sotto il braccio sinistro. Nelle pochissime repliche che conservano la testa, la dea indossa un diadema e parte del mantello ricade come un velo sulla nuca, come nell'esempio a Dresda (Staatliche Kunstsammlungen, inv. Hm 318; Oehmke 2011) e nella Venere dalla collezione Ince Blundell Hall, ora a Liverpool (Liverpool Museum, Inv. 1959.148.0036; Delivorrias et alii 1984, p. 69, n. 599).
Nel mondo romano, il tipo fu utilizzato per decorare giardini e horti o ambienti termali, talvolta come figura di fontana, sfruttando l’apertura posta nella bocca del delfino che fungeva da sostegno in alcune repliche. Non mancano, tuttavia, adattamenti a scopi ritrattistici, come la statua di età traianea, trovata fuori Porta San Sebastiano a Roma e con probabile funzione funeraria (Roma, Musei Capitolini, Schmidt 1997, p. 201, n. 71).
La testa, nonostante la rilavorazione, conserva uno spiccato carattere di ritratto, con i grandi occhi sporgenti e infossati – iridi e pupille incise sono opera del restauro moderno –, zigomi marcati e piccola bocca carnosa. Come è già stato proposto, può essere accostata a ritratti ellenistici di ambito tolemaico, quali la testa bronzea di Arsinoe III (217-204 a.C.), figlia di Tolemeo III e Berenice II, sorella e sposa di Tolomeo IV, conservata a Mantova (Museo Civico di Palazzo Te, inv. 96190279; Ghisellini 2008), che mostra simile acconciatura.
Lo stato di conservazione frammentario e le modifiche apportate dal restauro permettono di inquadrare solo genericamente la scultura Borghese e la testa ritratto nel II secolo.
Jessica Clementi