La testa, di dimensioni colossali, è da identificare probabilmente con una che ornava una fontana nel III Recinto del Parco della Villa; nella sua attuale collocazione, il Salone, è menzionata nel 1832. La scultura, fortemente rimaneggiata, è stata interpretata dal restauratore come Iside, con l’aggiunta del fiore di loto posto sulla sommità della fronte. Al di sotto del fiore sono visibili tracce di un attacco antico sul quale forse era applicato un originale diadema. Il volto, di forma ovale, presenta un’ampia fronte triangolare definita dalla chioma a ciocche ondulate, scriminate centralmente; gli occhi, di forma allungata, sono sormontati da ampie arcate sopraccigliari tagliate a spigolo vivo. La scultura sembra potersi ritenere ispirata a modelli di V secolo a.C. La presenza della cosiddetta tecnica “a ponticelli” nella capigliatura suggerisce una realizzazione nel II secolo d.C.
Collezione Borghese, presente, nel 1700, nel III Recinto del Parco della Villa, posta sopra una fontana (Montelatici, p. 20); all’interno delle sale della Palazzina è menzionata nel 1832 nella sua sistemazione odierna dal Nibby (pp. 40-41). Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C., p. 43, n. 29. Acquisto dello Stato, 1902.
La testa femminile, di dimensioni colossali, offre una visione frontale, lievemente volta verso destra. Il volto, di forma ovale, presenta tratti ben marcati con ampia fronte triangolare, guance piene ma affilate, sotto gli zigomi alti verso un mento rotondo e prominente. Le parabole delle arcate sopraccigliari, tagliate a spigolo vivo, confluiscono dalla palpebra superiore rigonfia ai lati del naso, dal dorso largo e piatto. Gli occhi, di taglio allungato, sono ben definiti da un tratto deciso. Le labbra, piccole, carnose e dischiuse, mostrano un lieve rialzo agli angoli. La capigliatura, coronata da una sottile fascia, è composta da una massa di ciocche ondulate che a partire dalla scriminatura centrale si allargano in bande corpose simmetriche sollevate all’altezza delle tempie, lasciando scoperti i lobi delle orecchie. Nella parte posteriore essa termina in un nodo basso. Un lungo ciuffo di capelli, lasciato libero dietro le orecchie, sembra sfuggire alla pettinatura, adagiandosi sul petto.
La scultura conserva di antico solo la parte anteriore della testa, comprese le orecchie e una porzione del collo. È completamente moderna l’aggiunta del fiore di loto che sormonta la fronte, sotto il quale, tuttavia, sono visibili tracce di un attacco antico pertinente forse a un originale diadema applicato. Le notevoli dimensioni della testa, restaurata quale Iside, inducono a supporre che essa possa essere appartenuta a un simulacro colossale di culto realizzato, forse, con la tecnica dell’acrolito; una statua che, eseguita in legno nel nucleo interno e nelle parti vestite, presentava le parti nude in marmo (Despinis 1994, pp. 39-40).
Il Montelatici, nel 1700, ricorda una “gran testa antica di marmo, ritratto incognito di qualche Donna Augusta”, posta “in cima al frontespizio” di una “Fontana rustica a forma di scoglio”, nel III Recinto del Parco della Villa, nella quale appare verisimile riconoscere la scultura in esame (p. 20). Un’incisione del Venturini, raffigurante tale fontana, confermerebbe la descrizione fornita dal Montelatici e la presenza della testa (Falda 1691, tav. 14). Nel 1826 compare tra le sculture scelte per essere restaurate e trasferite all’interno della Palazzina Borghese in occasione del riallestimento delle sale rese spoglie dalla cessione francese. Gli interventi, eseguiti dallo scultore Massimiliano Laboureur e pagati 45 scudi interesseranno “ambe le ciglia, il naso, e porzione della bocca, un tassello sulla Guancia sinistra”. Verrà, inoltre, rifatta una parte del ciuffo dei capelli e saranno ridotti quelli del Cranio (Moreno Sforzini 1987, pp. 352-353, 355). Nel 1832 il Nibby definisce questa testa femminile, di dimensioni colossali, “di lavoro squisito, simile a quella del museo Pio Clementino, ma di gran lunga superiore a quella per l’arte”; la ritiene un ritratto della dea Iside per i caratteri “così cogniti che non lasciano dubbi sul soggetto”; ma nota che la rappresentazione della divinità egizia “è puramente greca e romana, imperciocché presso gli Egiziani questa dea effigiavasi sotto tutt’altre forme e con altra disposizione di attributi” (pp. 40-41). Tale osservazione è condivisa dall’Helbig che la considera una creazione ellenistico-romana “spogliata di ogni particolarità dello stile egizio” (1913 p. 233, n. 15-30a).
La parte antica della capigliatura, resa a ciocche sottili, spesso connesse tra loro nella caratteristica tecnica “a ponticelli”, prevede, all’interno delle solcature tra le singole ciocche, brevi setti marmorei risparmiati dal trapano con effetto decorativo. Tale uso induce a suggerire per l’opera un inquadramento cronologico al II secolo d.C.
Giulia Ciccarello