La testa, rilavorata e corrosa dall’esposizione alle intemperie, ha volto ovale e bocca aperta, con labbra sottili. Lo sguardo trasognato è enfatizzato dall’indicazione dell’iride incisa e della pupilla a pelta, rilavorata in età moderna, mentre ampie sopracciglia incorniciano gli occhi. La capigliatura presenta una corona sporgente di ciocche ondulate che si spartiscono al centro della fronte, sul retro i capelli sono aderenti alla calotta cranica. Alcuni studiosi vi riconoscono una riduzione semplificata dell’Apollo del tipo Kassel, che prende il nome dalla copia migliore conservata al museo di Kassel, noto da 26 esemplari tra torsi e teste, in cui la critica ravvisa copia di un originale proto-classico di grande notorietà, forse l’Apollo Parnópios ("che salva dalle cavallette") opera di Fidia del 460-450 a.C. Aspetti tecnici e stilistici collocano l’esemplare Borghese nel II sec. d.C.
Collezione Borghese, citata per la prima volta nell’Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 41, n. 9. Acquisto dello Stato, 1902.
Di ignota provenienza, il busto è menzionato per la prima volta nell’ Inventario Fidecommissario Borghese, che ne registra la presenza nel vestibolo nel 1833; alla fine del XIX secolo Venturi ne attesta invece l’esposizione in sala I, interpretandolo quale ritratto virile.
La testa, molto rilavorata e corrosa dall’esposizione alle intemperie e inserita su busto moderno, ha volto ovale e bocca aperta, con labbra sottili. Lo sguardo trasognato è enfatizzato dall’indicazione dell’iride incisa e della pupilla a pelta, rilavorata in età moderna, mentre ampie sopracciglia incorniciano gli occhi. La fronte è lievemente bombata. La capigliatura presenta una corona sporgente di ciocche ondulate che si spartiscono al centro della fronte, sul retro i capelli sono aderenti alla calotta cranica.
Il Lippold riconobbe nella testa Borghese una riduzione semplificata dell’Apollo del tipo Kassel, che prende il nome dalla copia migliore conservata al museo di Kassel, presumibilmente rinvenuta nel 1721 presso la villa di Domiziano a Sabaudia e originariamente confluita nella collezione Conti a Roma (cfr. Schmidt 1966, p. 10; adesso Gercke, Zimmermann-Elseify 2007, p. 48, n. 44 (P. Gercke).
Nell’esemplare Borghese lo scultore romano avrebbe fuso in una treccia le originarie ciocche ondulate e posteriormente, al posto delle trecce, avrebbe risolto la capigliatura con un taglio corto. Questa variante veniva però esclusa dalle copie e derivazioni da parte del Mustilli (1933, p. 90 nota 3), ma inclusa fra le varianti di II secolo d.C. dalla Schmidt (1966, p. 36, n. 5). Viene, infine, esclusa dalla lista aggiornata delle repliche (Davison, Lundgreen & Waywell 2009). Come osservato già da Moreno, la testa Borghese ha notevoli affinità nel trattamento della chioma con quella un tempo nella collezione Ludovisi, poi confluita a Endorf, nella collezione del Prof. W. Clemen, e datata al 160-180 d.C. (Davison, Lundgreen & Waywell 2009, p. 424, n. 9). Al medesimo orizzonte cronologico può essere inquadrato anche l’esemplare in esame.
L’Apollo tipo Kassel è noto da 26 esemplari tra torsi e teste, sia in marmo che in bronzo (una lista aggiornata delle repliche in Davison, Lundgreen & Waywell 2009). La critica concorda nel riconoscervi copia di un originale proto-classico di grande notorietà, che ha indotto a ricercarne la paternità nella produzione dei più grandi artisti del periodo, quali Calamide, che realizzò un Apollo Alexikakos (“che allontana i mali”) esposto davanti al tempio di Apollo Patroos nell’agorà ateniese (Pausania I, 3,4) in occasione della pestilenza del 430 a.C. o, più plausibilmente, Fidia, autore dell’Apollo Parnópios ("che salva dalle cavallette") descritto da Pausania (I, 24, 8), la dedica votiva eretta davanti alla fronte del Partenone in occasione di un’invasione di locuste. Nella recente analisi della produzione fidiaca a opera dello Strocka, l’Apollo Parnópios apparterebbe alla fase matura dell’attività, intorno al 460-450 a.C. (Strocka 2004, pp. 212; 217, n. 5).
Per la ricostruzione e l’identificazione dell’iconografia dell’archetipo un importante contributo è offerto dalla evidenza numismatica proveniente dalle zecche ateniesi di età ellenistica ed imperiale (Gercke, Zimmermann, Elseify 2007, p. 49, fig. 4.10-11), oltre a una gemma già a Berlino (Schmidt 1966, p. 430, n. 27, fig. 13, 3) in cui il dio è effigiato con l’arco nella mano destra abbassata, mentre nella sinistra stringeva un ramo di alloro.
Jessica Clementi