Vaso poggiante su base modanata tonda, con corpo sferoide e spalla orizzontale e terminante con alto collo. Le anse, simmetriche, si sviluppano dall’orlo con una curvatura ascendente per poi concludersi sul corpo con un nodo, a somiglianza di un nastro. Lo chiude un coperchio a gola rovescia, decorato da un pomolo a punta.
L'opera, che fu realizzata nel 1620 da Lorenzo Nizza e insieme al suo "pendant", il vaso n. CXXV, che se ne differenzia per la mancanza dei manici e per l'altezza del collo, è documentata nella Villa dal 1625. La coppia di vasi fu restaurata e modificata nel 1780 da Lorenzo Cardelli, che ne rifece piedi e coperchi, ispirandosi probabilmente ad un modello antico.
Eseguito in porfido rosso, il vaso poggia su un plinto dal quale si eleva la base modanata tonda, composta da un basso piede compreso tra un toro e un nodo schiacciato nel sottocoppa. Il corpo sferoide si restringe orizzontalmente all’altezza della spalla orizzontale e termina con un alto collo e ha un orlo a becco di civetta. Le anse, simmetriche, si dipartono dall’orlo con una curvatura ascendente per poi concludersi sul corpo con nodi a somiglianza di nastri. Il coperchio, a gola rovescia, ha un pomolo che termina con una punta.
Nella contabilità della famiglia Borghese sono conservati i pagamenti datati 1620 allo scultore Lorenzo Nizza, che ricevette 250 scudi dal cardinale Scipione Borghese per la vendita di questo vaso (ASV, AB, 7931, Registro dei Mandati, 1620-21, p. 65, n. 273, in Faldi 1954, p. 59, doc. n. I).
Altri documenti, datati 1780, ci informano che in quell’anno Lorenzo Cardelli fu incaricato da Marcantonio Borghese di restaurare e aggiornare secondo il gusto classicheggiante del tempo entrambi i vasi, che egli dotò di nuovi coperchi e di basi in forma di plinti (ASV, AB, 5845, Registro dei Mandati, 1780, n. 163, in Faldi 1954, p. 60, doc. n. III). La firma di Antonio Asprucci sul mandato di pagamento individua l’architetto come l’ideatore di tale decisione, finalizzata ad attenuare il carattere barocco dei due manufatti, per meglio inserirli nel suo intervento di riallestimento della villa improntato ad un gusto fortemente classicheggiante. Differenze nella qualità del porfido utilizzato e nel grado di politura individuano l’intervento settecentesco. Faldi suggerisce che Cardelli, nell’attenuare il risentito plasticismo e l’opposizione dei contrasti cari al Barocco – che con tutta probabilità caratterizzavano tale opera –abbia tratto ispirazione da un modello antico di età traianea (Faldi 1954, p.59).
I due vasi sono citati nelle fonti a partire dal 1625 (Crulli de Marcucci, p. 50v); in alcune sono stati attribuiti erroneamente a Silvio Calci da Velletri (Martinelli 1664, p. 110; Manilli 1650, p. 73; Rossini 1700, p. 100; Pinaroli 1725, III, p. 80 e Lamberti, Visconti 1796, II, p. 23), ma la collocazione è rimasta sempre la stessa in cui si trovano ancora oggi.
Poco noto l’artista Lorenzo Nizza, di mano del quale alla Borghese si conservano, oltre a questi due vasi, i piani di una coppia di tavoli (invv. CCLXXVIII-CCLXXIX; Faldi 1954, p. 23, cat. 25); anche questi sono eseguiti in porfido rosso, materiale pregiato cavato dai Romani in Egitto (Marchei 1997, p. 274, cat. 116), nella cui lavorazione doveva essere molto apprezzato.
Lorenzo Cardelli lavorò in diverse occasioni per i Borghese tra il 1780 e il 1785, distinguendosi per la conoscenza e l’abilità nell’intaglio di diversi materiali: marmo rosso antico per la tazza in sala V e marmo bianco per i quattro vasi dedicati alle stagioni (eseguiti con Massimiliano Laboureur), nella stessa galleria. Nelle fonti contemporanee risulta noto anche per la sua attività di antiquario (Venturoli, in Dizionario Biografico degli Italiani, 19, 1976, pp. 769).
Sonja Felici