Il vaso ha una base modanata, tonda, sulla quale poggia il corpo sferoide, terminante con un basso collo. È chiuso da un coperchio a gola rovescia decorato da un pomolo appuntito. A realizzarlo, nel 1622, fu Lorenzo Nizza, che due anni prima aveva venduto al cardinale Scipione Borghese un altro vaso, dotato di manici e con un collo più alto (inv. CXXXVIII). Entrambi i manufatti sono documentati dalle fonti nella villa a partire dal 1625. La coppia di vasi fu restaurata e modificata nel 1780 da Lorenzo Cardelli, che ne modificò i piedi e rifece i coperchi, ispirandosi probabilmente a un modello antico.
Il vaso è eseguito in porfido rosso, un materiale pregiato, cavato dai Romani in Egitto e da loro riservato, dalla fine del III secolo, al solo uso imperiale (Marchei 1997, p. 274, cat. 116).
La base tonda, modanata, composta da un piede compreso tra un toro e un nodo schiacciato nel sottocoppa, si eleva su un basso plinto. Il corpo sferoide si restringe orizzontalmente all’altezza della spalla e termina con un basso collo e orlo a becco di civetta. Su di esso poggia il coperchio, a gola rovescia, che ha un pomolo con terminazione appuntita.
Lo scultore Lorenzo Nizza ricevette da Scipione Borghese, per la vendita di questo vaso, 200 scudi nel 1622 (ASV, AB, 7933, Registro dei Mandati, 1622-23, p. 45, n. 443, in Faldi 1954, p. 60, doc. II). Esso, pur con alcune evidenti differenze, ricalca nella forma del corpo e della base l’altro, acquistato dallo stesso cardinale due anni prima, con cui costituisce un pendant, come dimostrano le descrizioni delle fonti che li riportano esposti entrambi nella galleria al pianterreno, continuativamente, sin dal 1625 (Crulli de Marcucci 1625, p. 50v; Manilli 1650, p. 73; Martinelli 1664, p. 110; Rossini 1700, p. 100; Pinaroli 1725, III, p. 80 e Lamberti, Visconti 1796, II, p. 23).
Nella contabilità Borghese un altro pagamento, datato 1780, ci informa di una successiva rilavorazione dei due vasi a opera dello scultore Lorenzo Cardelli, che ricevette 155 scudi da Marcantonio Borghese per aver restaurato e aggiornato, secondo il gusto classicheggiante del tempo, entrambi i vasi, dotandoli di nuovi coperchi e di basi in forma di plinti (ASV, AB, 5845, Registro dei Mandati, 1780, n. 163, in Faldi 1954, p. 60, doc. n. III).
La rilavorazione dei due manufatti rientra nell’intervento di riallestimento della villa che l’architetto Antonio Asprucci stava portando avanti in quegli anni, nel segno di un gusto fortemente classicheggiante: è quindi ipotizzabile che l’incarico, per Cardelli, fosse finalizzato adattenuare il carattere barocco dei due manufatti, per meglio inserirli nel nuovo apparato decorativo. Le differenze nella qualità del porfido utilizzato e nel grado di politura confermano l’intervento settecentesco. Faldi suggerisce che Cardelli, nell’attenuare il risentito plasticismo e l’opposizione dei contrasti tipici del Barocco che con tutta probabilità caratterizzavano tale opera, abbia tratto ispirazione da un modello antico di età traianea (Faldi 1954, p. 59). Ipotesi supportata da una sicura conoscenza delle opere antiche da parte dell’autore, che era piuttosto noto a Roma anche per la sua attività di antiquario (Venturoli, in Dizionario Biografico degli Italiani, 19, 1976, pp. 769); egli lavorò in diverse occasioni per i Borghese tra il 1780 e il 1785, eseguendo, tra gli altri, i quattro vasi in marmo bianco con giochi di putti dedicati alle stagioni insieme a Massimiliano Laboureur (invv. CLIII, CL, CLVI, CXXXXVII).
Meno noto, invece, è Lorenzo Nizza di mano del quale alla Borghese si conservano,oltre a questi due vasi, i piani di una coppia di tavoli (invv. CCLXXVIII-CCLXXIX; Faldi 1954, p. 23, cat. 25), anch’essi sono eseguiti in porfido rosso, materiale nella cui lavorazione doveva essergli riconosciuta una certa abilità.
Sonja Felici