Il bronzetto è una copia del monumentale gruppo marmoreo noto come “Toro Farnese”, rinvenuto a Roma nel 1546 e frequentemente copiato dagli artisti nei secoli successivi. Vi era raffigurato il supplizio di Dirce, tratto dall’Antiope di Euripide: Anfione e Zeto, figli di Zeus e Antiope, puniscono la matrigna Dirce per vendicare i soprusi da lei inflitti alla loro vera madre, legandola a un toro selvaggio che ne strazierà il corpo. Fulcro dell’animata composizione è il toro imbizzarrito, che uno dei due uomini tenta di trattenere per le corna mentre l’altro lega Dirce con una corda. Alle loro spalle la madre Antiope assiste alla scena, in basso un cane e una figura maschile, personificazione del genio del Monte Citerone, dove l’episodio era ambientato. Nel ricco basamento roccioso, trovano posto numerose figure di animali: un ariete, un altro cane, due cinghiali, un’aquila che tiene un serpente con la zampa, un leone che azzanna un cavallo e un orso che attacca un toro.
Autore del bronzetto è il toscano Antonio Susini, che lo ha firmato nel 1613, e che mostra qui quell’accuratezza e quell’abilità tecnica che lo portarono a collaborare come fonditore col Giambologna.
Il piccolo e movimentato gruppo in bronzo raffigura un episodio tratto dalla tragedia euripidea: il supplizio di Dirce, ad opera dei figliastri Anfione e Zeto, che intendevano vendicare la madre per i soprusi subiti dalla donna. Sul Monte Citerone, evocato nel basamento dalle rocce sui cui sono ritratti il genius loci e numerosi altri animali impegnati nella predazione, la regina di Tebe viene legata dai due uomini ad un toro selvaggio che ne strazierà il corpo.
Si tratta della copia del cosiddetto "Toro Farnese", gruppo marmoreo ellenistico a lungo esposto nel cortile di Palazzo Farnese a Roma e oggi conservato al Museo Archeologico di Napoli. Attribuito ad Apollonio e Taurisco di Tralle, è stato rinvenuto nel 1546 nelle Terme di Caracalla, e tra il XVI ed il XVII secolo è stato oggetto di numerose repliche.
Squisito nella definizione del modellato ed eseguito con tecnica impeccabile, il bronzetto aderisce perfettamente all’originale, fatta eccezione per la necessaria semplificazione di alcuni dettagli decorativi, dovuta alle ridotte dimensioni. In alcuni punti della superficie restano tracce della doratura originaria descritta da Manilli (1650, p. 108) e presente anche in un esemplare conservato al Museo di Capodimonte (Capobianco 1995, p. 43).
L’opera è firmata e datata sotto il personaggio con la corda da Antonio Susini, scultore toscano specializzato nell’esecuzione di bronzetti, piccole statue riproducenti opere d’arte famose, prevalentemente antiche, molto richieste dai collezionisti tra XVI e XVII secolo. Una produzione, quella dei bronzetti eseguiti con la tecnica della cera persa, che aveva ricevuto l’impulso iniziale nella Firenze di Lorenzo de’ Medici dove intorno al 1475 Antonio del Pollaiolo aveva eseguito l’Ercole e Anteo ora al Museo del Bargello ed era poi stata portata a maturazione nella seconda metà del Cinquecento da Giambologna, di cui Susini fu collaboratore.
Non sappiamo come il gruppo sia giunto nella Villa Pinciana, dove è citato per la prima volta dal Crulli nel 1625 (c. 50 v) ed è poi descritto da Manilli (1650, p. 108-109) nella sala IX su un piedistallo di ebano con commessi di lapislazzuli e diaspri, oggi disperso. Nel 1700 è ricordato nella sala II (Rossini, p. 99). Del gruppo esiste un’altra copia di mano del Susini, anch'essa datata al 1613, conservata al Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo.
Dello stesso autore i Borghese possedevano un bronzetto dell’Ercole Farnese, venduto nel 1892 con altri beni della famiglia non vincolati dal Fidecommisso.
Sonja Felici