Le due anfore, dal largo corpo a coppa con spalla orizzontale, anse voluminose e coperchio con pomolo sferico, poggiano su una base modanata tonda. Sono state eseguite in due blocchi di alabastro cotognino dalle diverse venature, delle quali l’autore ha saputo valorizzare l’effetto estetico e formale nell’esecuzione dei due manufatti. Il suo nome rimane sconosciuto, dal momento che nessun documento resta a testimoniare la commissione delle due opere e che esse non sono riconoscibili con certezza in alcuna delle fonti bibliografiche più antiche. Ne è stata ipotizzata un’esecuzione nel XVII secolo, motivata dalle caratteristiche stilistiche delle due anfore, che sembrano rifarsi ad una tipologia antica, piuttosto diffusa in età imperiale.
Le due anfore in alabastro cotognino poggiano su una base modanata tonda. Hanno il corpo a coppa con spalla orizzontale terminante con un breve collo modanato e un orlo estroflesso. Le anse, simmetriche, sono applicate e si innalzano rispetto alla spalla. Il coperchio, a gola dritta di base, termina con un pomolo sferico.
Le forme arrotondate, il corpo ampio, con manici voluminosi e coperchio, sono caratteristici di numerosi vasi di epoca imperiale, spesso eseguiti in alabastro o porfido, e utilizzati come urne cinerarie, da cui l’ignoto artefice della presente coppia potrebbe aver tratto ispirazione.
Non rintracciabili con certezza in alcuna delle fonti precedenti, i due vasi sono testimoniati a partire dall’Inventario Fidecommissario del 1833, dove risultavano situati nella sala della Cerere (attuale sala I). Faldi, basandosi sui tratti stilistici, considera i due vasi come opere romane databili al XVII secolo (1954, p. 19, cat. 16), ma non avanza ipotesi sull’autore data la mancanza di documentazioni. Anche Coliva data le due anfore al Seicento, suggerendo che ad eseguirle possa essere stato Silvio Calci o uno degli altri marmisti contemporanei attivi per la famiglia Borghese (1994, pp. 316-317)
L’autore, sicuramente un abile artigiano specializzato nella lavorazione di materiali pregiati, si serve sapientemente di due blocchi di alabastro cotognino, o alabastro orientale, a sua disposizione. La pietra, di provenienza egiziana, caratterizzata dal colore che va dal bianco al giallo miele, può presentare un insieme di macchie grossolanamente circolari concentriche talvolta parzialmente compenetrate, o sottili listature ad andamento sinuoso: tali diverse venature, presenti nei due vasi, sono valorizzate e adattate perfettamente alle forme degli stessi, al punto di costituirne il principale motivo decorativo.
Sonja Felici