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Coppia di vasi in alabastro

ambito romano


I due vasi, poggianti su basi modanate tonde, presentano un corpo cilindrico liscio decorato nella parte inferiore da una sorta di sottocoppa con volumetriche baccellature convesse; lo stesso motivo decorativo è nei coperchi, piuttosto sporgenti dall’orlo, conclusi da pomoli floreali. 

La superficie liscia del corpo, oltre a valorizzare l’incredibile qualità dell’alabastro utilizzato, accentua, per contrasto, il movimentato gioco di ombre creato dalle modanature nella parte bassa e nel coperchio dei due manufatti. 

Stilisticamente riconducibili alla produzione della prima metà del Seicento – confermata dalla citazione nella descrizione del Manilli nel 1650 – i due vasi sono stati attribuiti dalle fonti contemporanee a Silvio Calci da Velletri, dato che però non trova documentazione a supporto nell’Archivio Borghese.


Scheda tecnica

Inventario
CCXX-CCXXII
Posizione
Datazione
prima metà del secolo XVII
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
alabastro
Misure
cm 81 x 40
Provenienza
Documentati nella Collezione Borghese dal 1650 (Manilli, Villa Borghese, Roma 1650, p. 61); Inventario Fidecommissario Borghese, 1832, C, p. 53, n. 167. Acquisto dello Stato, 1902.
Conservazione e Diagnostica
  • 1996/ 1998 L. Persichelli

Scheda

Su piedi circolari modanati composti da listello, echino, cavetto e conclusi da un echino rovesciato lievemente dentellato, si innalzano gli alti corpi cilindrici dei vasi, con una modanatura a listello e doppio toro in basso, sostenuti da una sottocoppa ornata da voluminose baccellature.  I coperchi sono modanati, con echino dritto piuttosto sporgente e gola rovescia di base, e conclusi nella parte alta da simili baccellature a raggiera e pomolo floreale.

La linea dei vasi si caratterizza per il netto contrasto tra la superficie liscia del corpo – che trova il proprio motivo decorativo nelle bellissime venature dell’alabastro, di cui è possibile apprezzare la trasparenza, sapientemente valorizzata dall’autore – e le due estremità articolate in modanature dalla volumetria piuttosto accentuata a creare un movimentato gioco di ombre. Si tratta di uno stile decorativo tipico della produzione di vasi della prima metà del Seicento, dato che trova conferma nella prima citazione a opera del Manilli: “Due vasi tondi d’alabastro orientale, co’l piede, e co’l coperchio, lavorati à spicchi, d’altezza di quattro palmi” (1650, p. 61). Qualche anno più tardi Martinelli suggerisce che a realizzarli sia stato Silvio Calci da Velletri (“doi vasi di alabastro candido trasparente fatti da Silvio Calcia Velletrano”, 1664, p. 109), notizia riportata ancora da Venuti nel 1766, (“fatti da Silvio Velletrano”, p. 117); nessuna documentazione è stata rinvenuta finora a conferma o smentita di tale attribuzione.

Le fonti sono concordi nel collocare i due vasi nella sala del David, ai due lati della scultura berniniana esposti su “sgabelloni di marmo bianco con cornici di pietre varie e capitello corinzio” (Manilli, 1650, p. 61) mentre, dal 1786, risultano collocati sopra le due porte della sala Egizia, tra le sfingi in stucco di Luigi Salimbeni (Descrizione, in “Giornale delle belle arti”, n. 52, 30/12/1786, p. 309), sala nella quale tuttora si trovano, esposte però su rocchi di granito. 

Diverse le opinioni nella critica più recente: De Rinaldis li considera opera dell’inizio del XIX secolo (1935, p. 316), Della Pergola invece ne ipotizza l’esecuzione nel XVII secolo (1951, p. 20), mentre Faldi li ritiene eseguiti nel 1780 per la sala Egizia e ispirati da un disegno di Piranesi pubblicato nella raccolta Vasi, Candelabri, Cippi, Sarcofagi, Tripodi, Lucerne ed ornamenti antichi pubblicato nel 1778 (Faldi 1954, pp. 22-23).

      Sonja Felici


Bibliografia