Il dipinto è pervenuto nella raccolta Borghese come lascito del barone Otto Messinger nel 1919, insieme al Ritratto di Antonio Canova eseguito anch’esso dal pittore piacentino Gaspare Landi. La coppia di ritratti, entrambi datati 1806, testimonia il rapporto di amicizia intercorso tra i due artisti, di cui Landi volle lasciare una traccia in queste immagini di grande naturalezza.
L’Autoritratto di Gaspare Landi entra a far parte della collezione Borghese nel 1919, quando il Barone Otto Messinger lo dona all’allora Reale Galleria insieme al Ritratto di Antonio Canova (inv. 557) eseguito dallo stesso artista. Molti elementi comuni ai due dipinti suggeriscono una loro ideazione come pendant, a partire dalle identiche dimensioni e dall’iscrizione con il nome dell’autore, il soggetto, luogo e data di esecuzione presente nella parte inferiore di entrambi. Nell’Autoritratto, a destra, si legge “Landi se stesso. Roma l’anno 1806”, mentre nel ritratto canoviano, a sinistra, “Landi dipinse Canova in Roma l’anno 1806”.
L’artista eseguì dunque i due ritratti nello stesso anno, probabilmente nell’intento di celebrare il rapporto di amicizia e stima reciproca intrattenuto con il celebre scultore. Il legame tra i due è testimoniato da numerosi fattori, per esempio la presenza di rimandi iconografici alle opere canoviane, quasi degli omaggi, in diversi dipinti di Landi, nonché la rielaborazione pittorica che quest’ultimo fece del gruppo di Amore e Psiche (Parigi, Louvre) nel quadro di stesso soggetto oggi al Museo Correr di Venezia (Mellini 1987, p. 53; Cerchi 2019, p. 331).
A sua volta Canova dimostrò in più occasioni un riguardo particolare per l’amico pittore, raccomandandolo a Napoleone come uno dei maggiori artisti del tempo, per cui fu scelto tra i realizzatori del programma decorativo della nuova residenza imperiale a Roma, e affidandogli la prestigiosa cattedra di pittura all’Accademia di San Luca, che l’artista ricoprì per quindici anni.
Tornando agli elementi in comune tra i due dipinti, si noti anche la specularità delle due figure, Landi rivolto verso destra e Canova verso sinistra, e le analogie dell’abbigliamento, con l’abito scuro e la gorgiera bianca. Lo sfondo è neutro, gli effigiati sono rappresentati a mezzo busto e privi di qualsiasi elemento che richiami i rispettivi mestieri artistici. Quest’ultimo aspetto, insieme al carattere complessivamente informale ed intimo con cui Landi ritrae Canova, che in molte occasioni si dimostrò per nulla estraneo ad un tipo di rappresentazione più celebrativa, avvalora l’idea che i due ritratti fossero concepiti come un sincero omaggio all’amicizia tra i due artisti.
In questo Autoritratto, Landi si raffigura girato di tre quarti con lo sguardo rivolto verso lo spettatore, in un atteggiamento di grande naturalezza e l’espressione del volto viva e spontanea.
Nell’ambito della sua produzione, Landi si dedicò attivamente alla ritrattistica, dimostrando una grande capacità nel sapere cogliere l’aspetto psicologico degli effigiati e nella resa della varietà espressiva, aspetti che la coppia di ritratti Borghese testimoniano in maniera esemplare.
Pier Ludovico Puddu