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Colosseo

Canal Giovanni Antonio detto Canaletto

(Venezia 1697 - 1768)

Il dipinto ad olio, realizzato su tela fine inglese, raffigura il Colosseo da ovest, reso monumentale dalla differenza di formato rispetto alle poche emergenze architettoniche circostanti. In primo piano, su un selciato rappresentato di scorcio, diversi personaggi pittoreschi disposti a gruppi di due o di tre ritmano la composizione, introducendo un elemento narrativo. La diagonale formata dal sentiero lastricato indirizza lo sguardo sulla sommità dell'Anfiteatro Flavio, dove, in mezzo a fronde vegetali affioranti dalle rovine, si distinguono tre esili croci. Nonostante la concentrazione quasi esclusiva sulla mole dell'anfiteatro, studiati equilibri coloristici tra l'azzurro tenue del cielo, il tono dorato dell'edificio e le poche zone d'ombra dei cespugli erbosi animano la scena, ravvivata qua e là dalle squillanti macchie di colore delle figure.

Basato su uno dei ventiquattro disegni conclusi da Canaletto durante il viaggio romano del 1719-1720, il dipinto nasceva probabilmente senza commissione, negli ultimi anni del soggiorno londinese del pittore e nel clima di rinvigorito interesse per la città eterna nel milieu intellettuale inglese. Benché la critica si sia lungamente divisa in merito alla sua attribuzione – oscillante tra il nipote Bernardo Bellotto e Canaletto giovane –, appare ormai convincente la mano di quest'ultimo, con una datazione intorno al 1754-55.


Scheda tecnica

Inventario
540
Posizione
Datazione
1742-1745
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm. 27x36
Provenienza

Londra, Walter I. Abraham. Acquisto dello stato, 1908.

Mostre
  • 1994 Dortmund, Museum für Kunst und Kulturgeschichte
  • 2000 Lodève, Musée de Lodève, Hôtel du Cardinal de Fleury
  • 2002 Città del Messico, Museo Dolores Olmedo Patiño
  • 2004-2005 Roma, Palazzo Poli
  • 2007 Shizuoka, Shizuoka Prefectural Museum
  • 2007 Oita, Oita Art Museum
  • 2007 Tokyo, the Bunkamura Museum of Art
  • 2007 Totai, Tottori Prefectural Museum of Art
  • 2007 Toyota, Municipal Museum of Art
  • 2015 Aix-en-Provence, Hotel de Caumont
  • 2016-2017 Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza
  • 2018 Roma, Palazzo Braschi
  • 2020 Ajaccio, Palais Fesch-Musée des beaux-arts
Conservazione e Diagnostica
  • 1914, Luigi Bartolucci e Augusto Cecconi Principi (?)

Scheda

Canaletto mette in scena l'Anfiteatro Flavio dal lato occidentale, con la parte dell'anello mancante rivolta verso l'osservatore. La scelta di tale angolazione, al posto del più completo prospetto di tramontana, appare finalizzata a porre in risalto i ruderi dell'edificio, sottolineati da cespugli di macchia mediterranea affioranti in corrispondenza dei marcapiani dei primi due ordini. La vegetazione parassitaria, più che voler esprimere il ‘sublime terrifico’ alla maniera delle incisioni di Giovan Battista Piranesi, sembra qui rispecchiare fedelmente le condizioni del monumento lungo tutto il Settecento, come emerge ancora nel frontespizio nel Romanarum plantarum a cura del medico Antonio Sebastiani del 1815 (Sebastiani 1815).

Sulla sommità del Colosseo, in posizione leggermente decentrata a sinistra, si distinguono tre croci lignee, che forse corrispondono a quelle fatte piantare per volere del carmelitano Angelo Paoli (1642-1720) su incarico di papa Clemente XI, in anticipo rispetto alla consacrazione di quel sito a luogo della Via Crucis nel 1750 (Cacciari 1756, p. 89). Ligio alle norme del vedutismo realistico, il pittore veneziano non manca inoltre di registrare con esattezza topografica lo stato in cui doveva trovarsi il Colosseo al suo tempo. Lo testimonia la concentrazione su dettagli come la Crocifissione dipinta nell'archivolto dell'ingresso occidentale, di cui si ha traccia nella dissertazione sull'edificio dell'archeologo Giovanni Marangoni (1746, p. 67), ma anche la muratura degli archi del primo ordine, voluta da Clemente XI. L'inserzione del monumento in un contesto extraurbano, infine, non trova riscontro solo nella guidistica seicentesca, ma anche nell'accurata radiografia delle condizioni dell'anfiteatro compiuta dall'architetto Carlo Fontana (1725, pp. 39-44).

La grandezza dell'architettura antica è misurata dalla differenza di formato rispetto alle piccole figure disposte lungo il sentiero. Queste ultime, individuate con vibranti macchie di colore, appaiono coerenti con la consueta rappresentazione dei turisti settecenteschi di fronte a fondali classici negli anni del Grand Tour. Il gusto per l'aneddoto nella descrizione delle scene di genere si combina con un rigoroso impianto prospettico, favorito probabilmente dall'impiego della camera oscura, alle stesse date sfruttata con profitto anche da Gaspar van Wittel. A livello pittorico la luce diffusa e quasi trasparente che investe il paesaggio, pur definendo brani privi di chiaroscuro, non si risolve in un puro monocromato. La gestione dei sottili trapassi tonali tra le diverse tinte è affidata a pennellate precise e trattenute, che solo nella definizione di alcuni punti di luce cedono il passo a tocchi più rapidi e vibranti.

L'idea inventiva della tela dipende strettamente da uno dei ventiquattro disegni acquarellati – custoditi al British Museum di Londra, salvo uno al Museo di Darmstadt – realizzati da Canaletto probabilmente durante il suo viaggio romano del 1719-20 e riconosciuti come autografi nel 2001 (Chapman, in Canaletto prima maniera 2001, pp. 43-46). Si tratta dell'esemplare con il Colosseo, da ovest (n. 235), all'origine anche di un altro disegno, già ritenuto di Bellotto, conservato all'Istituto Centrale per la Grafica di Roma (inv. FN 507 [4143]). A riprova dell'interesse per il tema, l'Anfiteatro Flavio è protagonista di altre tele ricondotte con riserva a Canaletto, come quella delle Collezioni Reali ad Hampton Court (1743), incentrata sul lato nord del monumento. Ispirate allo stesso disegno del British Museum sono infine due opere di sicura mano di Bellotto – una alla Galleria Cesare Lampronti, l'altra presso la Galleria Nazionale di Parma –, nonché una veduta del Colosseo del padre Bernardo Canal, venduta da Christie's a Londra il 5 dicembre 2012 (Joyeux, in La Grande Bellezza 2020, p. 112).

Insieme al suo pendant con la Basilica di Massenzio (inv. 541), il dipinto venne comprato nel 1908 nel mercato antiquario londinese presso Walter Abraham, a un prezzo di 2.500 lire (Kunstchronik 1909, p. 254). A favorire l'acquisto fu Ettore Modigliani, allora direttore della Pinacoteca di Brera e responsabile dell'arrivo di diverse opere del maestro veneto all’interno di collezioni italiane. Immagini delle due tele comparvero per la prima volta in un articolo di Pietro d'Achiardi, allora ispettore della Galleria Borghese, sul «Bollettino d'Arte» del 1912. Da allora sono state diverse le proposte attributive: da Bernardo Bellotto (Ashby-Constable 1925; Fritzsche 1936; Parker 1948) alla «prima maniera» di Canaletto (D'Achiardi 1912; Ozzola 1913), fino alla produzione matura di quest'ultimo, ma con elementi che preludono all'arte di Bellotto (Longhi 1928). Nella letteratura più recente gli studiosi sono generalmente concordi nel riconoscere la mano di Canaletto (Beddington 2006; Joyeux, in La Grande Bellezza 2020), o nel ricondurre più prudentemente le due tele alla produzione del suo atelier a cavallo tra anni Cinquanta e Sessanta (B. A. Kowalczyk in Nolli, Vasi, Piranesi 2005, che poi opta per l'autografia canalettiana in Canaletto: Rome, Londres, Venise 2015 e in Canaletto, 1697-1768 2018). Appare insomma convincente l'ipotesi che i due dipinti della Borghese nascessero senza commissione negli anni del soggiorno inglese dell'artista, a giudicare dalla consonanza stilistica con le opere ordinate da Thomas Hollis nel 1754-55 (Beddington 2006). La ripresa di disegni giovanili del 1719-20 a trent'anni di distanza, coerente con la pratica del vedutismo di memoria, andrebbe pertanto inquadrata nel contesto della rinnovata attenzione per la città eterna negli ambienti intellettuali inglesi negli anni del Grand Tour, senza però trascurare, sul piano personale, il risveglio dell'interesse dell'artista per temi romani all'indomani del viaggio nella capitale del nipote Bernardo Bellotto nel 1742-45.

Chiara Pazzaglia




Bibliografia
  • G. Marangoni, Delle memorie sacre e profane dell'Anfiteatro Flavio di Roma volgarmente detto il Colosseo, Roma 1746, pp. 66-67.
  • P. T. Cacciari, Della Vita, Virtù e Doni sopranaturali del venerabile servo di Dio P. Angiolo Paoli carmelitano dell'antica osservanza, Roma 1756, pp. 88-90.
  • A. Sebastiani, Romanarum plantarum fasciculus alter accedit enumeratio plantarum sponte nascentium in ruderibus Amphiteatri Flavii, Roma 1815.
  • Sammlungen, in Kunstchronik: Wochenschrift für Kunst und Kunstgewerbe, Neue Folge, n. 20, 1909, p. 254.
  • P. D'Achiardi, Nuovi acquisti della R. Galleria Borghese, in Bollettino d'Arte, anno 6, fasc. 3 (31 marzo 1912), pp. 81-82; tav. I p. 84.
  • L. Ozzola, Le rovine romane nella pittura del XVII e XVIII secolo, in L'Arte, anno XVI, n. 2, 1913, p. 128; fig. 24, p. 121.
  • R. Strinati, La Galleria Borghese di Roma, in Emporium, vol. LX, n. 358, ottobre 1924, p. 604.
  • T. Ashby, W. G. Constable, Canaletto and Bellotto in Rome – 1, in The Burlington Magazine for Connoisseurs, vol. 46, n. 266, May 1925, p. 213.
  • R. Longhi, Precisioni nelle gallerie italiane: 1. R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 225.
  • H. A. Fritzsche, Bernardo Bellotto, genannt Canaletto, Burg bei Magdeburg 1936, p. 105.
  • H. Voss, [Recensione del libro di H. A Fritzsche, Bernardo Bellotto, genannt Canaletto], in Göttingische Gelehrte Anzeigen, annata 199, n. 5, 1937, p. 196.
  • A. De Rinaldis, La R. Galleria Borghese in Roma, Roma 1939, pp. 30, 61.
  • A. Morassi, Settecento veneziano inedito (II), in Arte Veneta, 1950 (n. 4), p. 47.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, Milano 1955, p. 109, n. 194.
  • W. G. Constable, Canaletto. Giovanni Antonio Canal 1697-1768, Oxford 1962, I, n. 388; II, pp. 364-365.
  • M. Di Macco, Il Colosseo: funzione simbolica, storica, urbana, Roma 1971, pp. 79-97.
  • L. Puppi, L'opera completa del Canaletto, Milano 1968, p. 109, n. 216.
  • S. Kozakiewicz, Bernardo Bellotto, II, Milano 1972, p. 464; fig. 328, p. 467.
  • W. G. Constable, Canaletto: Giovanni Antonio Canal, 1697-1768, Oxford 1989, I, p. 31; II, p. 393, n. 388.
  • Roma Antica. Römische Ruinen in der italienischen Kunst des 18. Jahrhunderts, catalogo della mostra (Dortmund, Museum für Kunst und Kulturgeschichte der Stadt Dortmund, 1994), a cura di B. Buberl, München 1994, pp. 135-136.
  • Peintres de Venise. De Titien à Canaletto dans les collections italiennes, catalogo della mostra (Lodève, Musée de Lodève, Hôtel du Cardinal de Fleury, 2000), a cura di M. Vallès – Bled, Milano 2000.
  • H. Chapman, in Canaletto prima maniera, catalogo della mostra (Venezia, Fondazione Giorgio Cini, 2001), a cura di A. Bettagno, B. A. Kowalczyk, Milano 2001, pp. 43-46 e p. 50, n. 3.
  • Bellotto and the capitals of Europe, catalogo della mostra (Venezia, Museo Correr; Houston, Museum of Fine Arts, 2001), a cura di E. Peters Brown, New Haven – London 2001, pp. 136-137.
  • Pintura Veneciana de Tiziano a Longhi, catalogo della mostra (Città del Messico, Museo Dolores Olmedo Patiño, 2002), a cura di M. Vallès – Bled, Città del Messico, 2002.
  • Nolli, Vasi, Piranesi. Immagine di Roma Antica e Moderna, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Fontana di Trevi, 2005), a cura di M. Bevilacqua, Roma 2005, p. 108.
  • B. A. Kowalczyck in Canaletto, il trionfo della veduta, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Giustiniani, 2005), a cura di A. Bettagno, B. A. Kowalczyk, Cinisello Balsamo 2005, p. 260.
  • Canaletto in England: a Venetian artist abroad, 1746-1765, catalogo della mostra (New Haven-Londra, 2006-2007), a cura di C. Beddington, London-New Haven 2006, p. 154.
  • Canaletto: Rome, Londres, Venise: le triomphe de la lumière, catalogo della mostra (Aix-en-Provence, Hotel de Caumont, 2015), a cura di B. A. Kowalczyk, Bruxelles 2015, pp. 178-181.
  • B. A. Kowalczyk, scheda in Canaletto, 1697-1768, catalogo della mostra (Roma, Museo di Roma - Palazzo Braschi, 2018), a cura di B. A. Kowalczyk, Cinisello Balsamo 2018, pp. 150-151, n. 40.
  • N. Joyeux, scheda in La Grande Bellezza: L'Art à Rome au XVIIIe siecle, 1700-1758, catalogo della mostra (Ajaccio, Palais Fesch, 2020), a cura di A. Bacchi, L. Barroero, P. Costamagna, A. Zanella, Milano 2020, pp. 111-112, cat. 14a.