Autoritratto in età matura
(Napoli 1598 - Roma 1680)
L’Autoritratto in età matura di Gian Lorenzo Bernini confluì nella raccolta Borghese nel 1911 grazie ad una donazione del barone Otto Messinger, desideroso che l’opera rimanesse per sempre in Italia. È noto che molte opere in possesso del barone provenissero della collezione Chigi, ma ad oggi non ci sono dati sicuri circa l’appartenenza dell’opera a tale raccolta. L’attribuzione del quadro a Bernini, rilevata già prima dell’acquisizione da parte della Galleria Borghese, non è mai stata messa in discussione dalla critica, mentre numerose e diverse sono state le proposte riguardo la sua datazione. Per stile ed età dimostrata dall’effigiato, circa quarant’anni, l'Autoritratto sembra poter essere convincentemente ricondotto alla seconda metà degli anni Trenta del Seicento. La grande notorietà del dipinto, forse il più rappresentativo tra gli autoritratti berniniani, è dovuta anche al fatto di essere stato impresso su una delle banconote delle lire italiane.
Scheda tecnica
Inventario
Posizione
Datazione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
Misure
Cornice
Con ornamenti floreali e rosette su fondo nero; cm 78,5 x 68 x 10
Provenienza
Donazione del barone Otto Messinger, 1911
Mostre
- 1911 Firenze, Palazzo Vecchio
- 1930 Roma
- 1954 San Paolo del Brasile
- 1966 Stoccolma, Nationalmuseum
- 1992 Roma, Palazzo delle Esposizioni
- 1992 Firenze, Palazzo Pitti
- 1998 Roma, Galleria Borghese
- 1999 Roma, Palazzo Venezia
- 1999-2000 Roma, Galleria Borghese
- 2007 Roma, Palazzo Barberini
- 2013-2014 Budapest, Szépmúvészeti Múzeum
Conservazione e Diagnostica
- 1936 Augusto Cecconi Principi (pulitura)
- 1996-1997 Emmebici (indagini diagnostiche); Paola Tollo (restauro); Carlo Ceccotti (cornice)
Opera attualmente non esposta
Scheda
Il dipinto pervenne alla Galleria Borghese tramite donazione del barone Otto Messinger nel 1911, che volle regalarla al Museo come segno dell’amore che nutriva per l’Italia. Si tratta dell’Autoritratto in età matura di Gian Lorenzo Bernini che, insieme all’Autoritratto giovanile (inv. 554) e al Ritratto di fanciullo (inv. 555), anch’essi conservati presso la Galleria Borghese, costituisce un’importante testimonianza dell’attività pittorica del celebre artista.
Data l’appartenenza alla collezione Messinger, contenente molte opere di provenienza Chigi, si è più volte ipotizzato che anche quest’opera potesse essere ricondotta a tale nucleo. Tuttavia, in mancanza di prove documentarie, la questione rimane tuttora incerta.
Se l'attribuzione dell’opera a Bernini, sostenuta da Pietro D’Achiardi già nel 1908 (pp. 378-380), non è mai stata messa in discussione, sulla sua datazione la critica non ha mai trovato un accordo unanime.
La cronologia del dipinto oscilla in un arco temporale di circa trent’anni, dal 1625 al 1655, anche se il riferimento agli anni Venti, proposto dallo stesso D’Achiardi, non è mai stato ritenuto compatibile con l’età dimostrata dall’artista in questa rappresentazione, elemento che appare evidente dal confronto con gli autoritratti riferibili a quel decennio. Un’esecuzione tarda, agli anni Cinquanta, è stata proposta da Martinelli (1959, p. 539), convinto che l’artista si fosse raffigurato dopo la lunga malattia che lo colpì in quel periodo, come suggerirebbe il volto smagrito e consumato.
Maurizio e Marcello Fagiolo Dell’Arco (1967, n. 71; si veda anche Fagiolo Dell’Arco 2002, pp. 32-39) riconducono il dipinto alla metà degli anni Trenta, in accordo con l’ipotesi, sostenuta da entrambi ma ad oggi non dimostrata, che il dipinto corrisponda alla metà di un doppio ritratto documentato come parte dell’eredità berniniana. Il riferimento è ad una tela rappresentante l’artista insieme ad una donna, probabilmente Costanza Bonarelli, divisa a metà tra il 1681 e il 1706, la cui esecuzione andrebbe ricondotta ad un momento precedente al matrimonio con Caterina Tezio, avvenuto nel 1639. L’ipotesi è sostenuta anche da Kristina Hermmann Fiore (1992, p. 40) sulla scorta di un’analisi diretta della tela, da cui emerge una sfrangiatura più accentuata sul lato destro rispetto agli altri, compatibile con un taglio.
L’idea che il quadro corrisponda alla metà di un doppio ritratto non convince Francesco Petrucci e Tomaso Montanari, entrambi propensi per una datazione leggermente più tarda, tra la fine degli anni Trenta e la metà degli anni Quaranta. In particolare Petrucci (2006, pp. 320-321) ipotizza che l’Autoritratto, caratterizzato da una minor sicurezza e aggressività rispetto a quelli giovanili, rappresenti Bernini in quel momento di sfortuna e temporanea inattività che lo colpì con l’inizio del pontificato Phampilj. Montanari (2007, pp. 94-95) ritiene invece che un doppio ritratto con la Bonarelli avrebbe probabilmente previsto una rappresentazione di profilo, con uno scambio di sguardi tra i due protagonisti, e si sofferma in particolare sull’età dimostrata dall’artista, intorno ai quarant’anni, e allo stile del ritratto, in accordo con una datazione intorno al 1638.
Secondo lo studioso, il dipinto rappresenta un’evoluzione nella ritrattistica berniniana rispetto agli esempi noti degli anni Venti, una testimonianza di uno stile ormai libero da debiti nei confronti di altri maestri e dotato di una propria specifica identità, capace di confrontarsi direttamente con la ritrattistica rinascimentale. Attraverso la scelta del particolare taglio compositivo, con la testa girata rispetto al busto di profilo, Bernini sembra infatti voler richiamare direttamente il Ritratto di Bindo Altoviti di Raffaello (Washington, National Gallery).
Si noti che l’orientamento verso destra scelto dall’artista per la sua rappresentazione nel quadro Borghese è comune ad una serie di Autoritratti di sua mano riconducibili agli anni Trenta (Montpellier, Prado, Uffizi, ex Ford) a cui l’opera va certamente collegata, e che si differenziano da quelli giovanili dove la direzione del volto è opposta (Petrucci cit.).
L'Autoritratto in età matura lascia intravedere i segni dell’età: il viso è più asciutto, la fronte leggermente stempiata, gli occhi appena cerchiati, e nella capigliatura appare qualche capello bianco. Lo sfondo grigiastro presenta una campitura più chiara che circonda la testa dell’artista. L’abito scuro con il colletto bianco sono appena abbozzati, elemento comune anche ad altri ritratti e che denota l’abitudine dell’artista a concentrarsi prevalentemente sulla resa del volto, della sua fisionomia ed espressione. Tuttavia, in questo caso, la pennellata del tutto incongrua che appare vicino all’orecchio e che interrompe l’uniformità della barba appena accennata suggerisce un certo grado di incompiutezza del dipinto, forse dovuto a stanchezza o insoddisfazione dell’artista rispetto all’avanzamento dell’opera (Petrucci, cit.).
L’opera, culmine delle rappresentazioni che Bernini produsse di sé stesso, gode di straordinaria notorietà, complice anche l’enorme diffusione che per molti anni derivò dalla sua trasposizione sulle banconote da 50.000 lire italiane.
Pier Ludovico Puddu
Bibliografia
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- R. Wittkower, Works by Bernini at the Royal Academy, in “The Burlington Magazine”, XCIII, 1951, p. 55, nota 21;
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