Il dipinto raffigura una Bambocciata, soggetto usuale nella produzione di Michelangelo Cerquozzi che, insieme a Jan Miel e Michael Sweerts, fu considerato uno dei maggiori rappresentanti di questo genere di pittura di origine fiamminga. Il termine deriva dal soprannome dato a Pieter van Laer, artista olandese - chiamato 'il Bamboccio' per il suo aspetto fanciullesco - specializzato in opere di piccolo formato, raffiguranti scene di vita quotidiane, cariche di un realismo narrativo e bozzettistico, dette per l'appunto bambocciate.
L'opera rappresenta alcuni avventori, seduti in compagnia di un cane fuori da un’osteria, ambientata nella amena cornice della campagna romana. I personaggi sono ritratti immersi nel loro fare: c'è chi è intento a giocare, chi a fumare o a guardare e chi, stanco, è già sulla via del ritorno.
(?) Roma, collezione cardinale Gregorio Salviati, 1782-1789 (Inventario Salviati, 1782-1789, nn. 23-24; Della Pergola 1959); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 28. Acquisto dello Stato, 1902.
Secondo quanto ipotizzato da Paola delle Pergola (1959), questo dipinto insieme al suo pendant (inv. 259) proverrebbe dalla raccolta del cardinale Gregorio Salviati, giunto sul finire del XVIII secolo in collezione Borghese, dove è segnalato a partire dal 1833, elencato nell'inventario fedecommissario come opera di autore ignoto. Assegnata inizialmente a Philips Wouwermann (Barbier de Montault 1870), questa Bambocciata fu attribuita da Adolfo Venturi (1893) a Michelangelo Cerquozzi, parere accolto in parte da Roberto Longhi che nel 1928 preferì parlare di "un fiammingo a Roma" operante, secondo lo studioso, nella stessa cerchia del Cerquozzi, ma prossimo ai modi di Jan Miel. Nonostante il parere di Longhi e le condizioni in cui versava il dipinto, nel 1959 Paola della Pergola non esitò a riconoscervi la mano di Cerquozzi, a cui restituì senza alcun dubbio l'opera, giudizio mai messo in discussione dalla critica (cfr. Herrmann Fiore 2006).
Antonio Iommelli