La testa di giovane donna dal volto ovale, pieno e regolare, occhi con contorno a mandorla, orecchie dai lobi forati per l’inserzione di orecchini metallici e folta capigliatura classicheggiante in parte celata dall’ampio velo, è caratterizzata da un alto diadema. Elementi stilistici e iconografici suggeriscono confronti stringenti con teste ideali di divinità diademate inquadrabili fra l’età flavia e la prima età traianea, orizzonte cronologico in cui possiamo ascrivere anche la testa ideale Borghese, forse coincidente con un busto citato nella guida di Lamberti e Visconti nella sala oggi corrispondente alla II.
Collezione Borghese (ante 1796, Lamberti, Visconti); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 46, n. 79. Acquisto dello Stato, 1902.
La testa potrebbe coincidere, come già sottolineato da Paolo Moreno, con un busto citato nella guida di Lamberti e Visconti nella stanza corrispondente alla odierna sala II, su di una mensola: “un’immagine assai pregevole di una Divinità velata, probabilmente Giunone. Son degni di osservazione i buchi aperti nelle orecchie, per inserirvi i gioielli, ornamento descritto già da Omero fra gli abbigliamenti di quella dea”. La testa rappresenta una giovane donna dal volto ovale, occhi con contorno a mandorla, orecchie dai lobi forati per l’inserzione di orecchini metallici. La folta capigliatura classicheggiante presenta ciocche voluminose disposte ai lati della scriminatura centrale, raccolte sulla nuca in uno chignon non apprezzabile, poiché celato dal rimbocco dell’ampio velo che copre il capo, cinto anche da un alto diadema liscio con elementi decorativi a palmetta. Moreno avvicina i dati somatici, in particolare il naso, con piccola gobba e punta rifatta, e il doppio mento, al ritratto di Livia, quale appare nel tipo idealizzato prodotto dopo l’adozione nella Gens Iulia (14 d.C.). Lo studioso corrobora tale interpretazione chiamando a confronto le raffigurazioni sull’altare del Vicus Sandalarius a Firenze e una testa frammentaria nel Museo Nazionale Concordiese (Rebaudo 2017). Tuttavia, nel primo caso i tratti generici e idealizzati, che nel tempo hanno portato alla formulazione di diverse ipotesi di identificazione (oltre a Livia, Giulia, la dea Venere, Iuventas, una sacerdotessa di Cibele) potrebbero piuttosto corrispondere a quelli di Livilla, figlia di Druso Maggiore e sorella di Germanico, sulla base di una coerente lettura del contesto storico di riferimento (Marcattili 2015). Nel secondo caso, come nel nostro, non sono affatto riconoscibili i tratti fisiognomici caratteristici del volto di Livia, ben sintetizzati nella testa colossale all’università di Bochum, in cui l’Augusta è diademata e assimilata a Cerere (Bochum, Kunstsammlung der Ruhr-Universität, inv. S 1069) o nel ritratto di età tiberiana ai Musei Capitolini (Roma, Musei Capitolini, Palazzo Nuovo, inv. 144).
Piuttosto la capigliatura a lunghe ciocche sfumate, l’ovale del volto pieno e regolare, la bocca lievemente dischiusa e gli occhi dal contorno a mandorla suggeriscono confronti stringenti con teste ideali di divinità diademate, come quelle all’Albertinum di Dresda (Skulpturensammlungen, inv. n. Hm 315, Knoll, Vorster, Woelk 2011, cat. 80 pp. 417-419; Hm 285, Knoll, Vorster, Woelk 2011 cat. 74, pp. 405-406), inquadrabili fra l’età flavia e la prima età traianea.
È a tale orizzonte cronologico che possiamo, dunque, ascrivere anche la testa ideale Borghese.
Jessica Clementi