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Caraffa di fiori

Attribuito a Brueghel Jan il Vecchio

(Bruxelles 1568 - Anversa 1625)

Questo raffinato dipinto su rame si inserisce con buona probabilità nella produzione italiana di Jan Brueghel il Vecchio, pittore fiammingo giunto a Roma nel 1591, particolarmente ricercato da una committenza elevata per l'esecuzione delle sue opere. L'opera raffigura un vaso di vetro colmo di fiori, sulla cui superficie si riflette l'immagine di una finestra. Al suo interno è ritratto un bouquet, dipinto su uno sfondo scuro che mette in risalto la brillantezza dei colori e la vivacità dei suoi fiori, tra i quali volano una farfalla e una libellula. II dipinto, simile a un altro rame - attribuito sempre a Brueghel (Galleria Borghese, inv. 516) - non riproduce semplicemente la realtà in modo analitico, ma sottintende significati e temi più profondi come la vanitas e la caducità della vita.


Scheda tecnica

Inventario
362
Posizione
Datazione
1591-1595 circa
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su rame
Misure
cm 28 x 21
Cornice
Cornice ottocentesca
Provenienza
(?) Roma, collezione Giuseppe Cesari detto il Cavalier d'Arpino, 1607 (Della Pergola 1959, p. 155, n. 221); Roma, collezione Borghese, 1693 (Inv. 1693, Stanza XI, n. 122); Inv. 1790, Stanza VII, n. 15; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 35. Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
  • 1995 Roma, Palazzo delle Esposizioni;
  • 1995 Bruxelles, Palais des Beaux-Arts
  • 1996 Münster, Westfälisches Landesmuseum für Kunst und Kulturges
  • 2000 Bergamo, Accademia Carrara
  • 2004 Biella, Museo del Territorio Biellese
  • 2010 Forlì, Musei San Domenico
  • 2011 Roma, Sala Alessandrina - S. Ivo alla Sapienza
Conservazione e Diagnostica
  • 1952 Augusto Vermehren

Scheda

La provenienza di questo dipinto è tuttora ignota. Secondo buona parte della critica, faceva parte delle opere sequestrate nel 1607 da papa Paolo V al Cavalier d'Arpino, confluite in seguito nella collezione di Scipione Borghese. Tuttavia, come già osservato da Paola della Pergola (1959, p. 155), non si può escludere che questo rame possa essere pervenuto ai Borghese attraverso l'eredità di Olimpia Aldobrandini (Della Pergola 1959, p. 217, n. 60), oppure in seguito all'acquisto di "dodici quadretti de diversi frutti e fiori depinti in rame", venduti ai Borghese nel 1613 da Giacomo Costa (Curti 2011, pp. 218-219; Della Pergola 1959, p. 217, n. 60). 

Quale che sia la sua provenienza, è certo che l'opera venne segnalata per la prima volta in collezione Borghese a partire dal 1693, descritta dall'estensore del relativo inventario (Inv. 1693, St. XI, n. 122) come un 'quadretto' di pittore anonimo. 

Cercando di dare un nome all'artista, nel 1833 il compilatore degli elenchi fidecommissari attribuì il rame a Mario de' Fiori, nome accettato qualche anno dopo da Giovanni Piancastelli (1891), ma respinto nel 1893 da Adolfo Venturi che dal canto suo lo riferì ad Abramo Mignon. Tale attribuzione, messa in dubbio da Giulio Cantalamessa e da Roberto Longhi (1928), fu rigettata da Paola della Pergola, la quale assegnò il dipinto a Jan Brueghel il Vecchio, figlio del noto pittore Pieter Brueghel il Vecchio. 

L'assegnazione di questo rame al catalogo dell'artista fiammingo, accolta positivamente da Stefania Bedoni (1983), Ferdinando Bologna (1992), Maurizio Calvesi (1996) e Francesca Curti (2011), è stata invece rifiutata da Klaus Ertz (1979) che, in uno studio monografico sul pittore, pur ritenendo il dipinto Borghese vicino alle composizioni di Brueghel, lo ha espunto dal catalogo. Nel 1995, avanzando dubbi sulla autografia del rame - così come prima di lei i colleghi Maurizio Marini (1981) e Sergio Guarini (1995) - Maria Rosaria Nappi ha ipotizzato che il rame Borghese potesse essere una riproduzione della perduta caraffa di fiori di Caravaggio ricordata dalle fonti (Bellori 1672, p. 202), ipotesi però smentita sia da Maurizio Calvesi (1996), sia dalle ricerche documentarie della Curti (2011, pp. 65-76, 219) che situano la presenza di Caravaggio nella bottega del Cavalier d'Arpino nel 1596, quando il fiammingo era già partito dall'Urbe. Tale congiunzione (Caravaggio-Brueghel-D'Arpino) si poneva di fatto nel solco delle idee tracciato da Paola della Pergola e seguito negli anni da Federico Zeri (1976), Alberto Cottino (1989) e Mina Gregori (2003). La studiosa, infatti, ritenendo fattibile la provenienza della Caraffa dalla collezione dell'arpinate, aveva supposto un certo legame tra quest'opera e Caravaggio, relazione individuata anche da Aldo de Rinaldis che però, sulla scorta di un passo delle Vite di Giovan Pietro Bellori (1672, p. 202), attribuì in tutta fretta la Caraffa - così come le altre pitture di natura morta presenti nell'elenco degli oggetti sequestrati al Cavalier d'Arpino - al giovane Caravaggio.

Il dipinto raffigura un vaso di vetro pieno di fiori, sulla cui superficie si riflette l'immagine di una finestra. Al suo interno è ritratto un bouquet, dipinto su uno sfondo scuro che mette in risalto la brillantezza dei colori e la vivacità dei suoi fiori, tra i quali volano una farfalla e una libellula, simboli di resurrezione e di trascendenza. L'opera, simile a un altro rame di Brueghel - sempre in collezione Borghese (inv. 516) - non riproduce semplicemente la realtà in modo analitico, ma sottintende significati e temi più profondi, come quello degli affetti, della vanitas e della caducità della vita, sottolineati dalla specie dei fiori dipinti, tra i quali si riconoscono il tulipano, la malva e il garofanino che alludono rispettivamente alla nobiltà, alla modestia e alla morte. Secondo Calvesi (1996), infine, la caraffa a forma di sfera rimanderebbe al mondo e gli infissi della finestra riflessi sul bordo alla croce cristiana.

La datazione di questo dipinto, eseguito secondo Ertz intorno al 1606 - cioè dopo il Vaso dei fiori fatto dal pittore per il cardinale Federico Borromeo (Milano, Pinacoteca Ambrosiana) - è stata fissata da Kristina Herrmann Fiore (2004; Id. 2010) al 1591-1595, arco di tempo che collima con la frequentazione di Brueghel e di altri pittori di natura morta con la bottega dell'arpinate, dove ebbero modo di interessarsi ai giochi di rifrazione della luce sugli specchi e sulle sfere (Curti 2011; Berra 2014).

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • G.P. Bellori, Le Vite de’pittori, scultori et architetti moderni, (parte prima), Roma 1672, ed. a cura di E. Borea, Torino 1976, p. 213;
  • X. Barbier de Montault, Les Musées et Galeries de Rome, Rome 1870, p. 356; 
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, p. 344; 
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 174; 
  • G. Cantalamessa, Note manoscritte al Catalogo di A. Venturi del 1893, in Archivio Galleria Borghese, 1911-1912;
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 213; 
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, p. 155, n. 221; 
  • F. Zeri, Sull’esecuzione di "nature morte" nella bottega del Cavalier d’Arpino e sulla presenza ivi del giovane Caravaggio, in Diari di lavoro, II, Torino 1976, p. 103, n. 1;
  • K. Ertz, Jan Brueghel der Ä. Die Gemälde mit Kritischen Oeuvrekatalog, Köln 1979, pp. 278-279;
  • M. Marini, Caravaggio e il naturalismo internazionale, in Storia dell’arte italiana, II, Dal Medioevo al Novecento, Torino 1981, p. 358;
  • S. Bedoni, Jan Brueghel in Italia e il collezionismo del Seicento, Firenze-Milano 1983, p. 53;
  • A. Cottino, La natura morta caravaggesca a Roma, in La natura morta in Italia, a cura di F. Zeri, F. Ponzio, II, Milano 1989, pp. 655, 665;
  • F. Bologna, L’incredulità del Caravaggio e l’esperienza, Torino 1992, pp. 104-108, 281-295, fig. 82; 
  • S. Guarino, scheda in La natura morta al tempo di Caravaggio, a cura di A. Cottino, catalogo della mostra (Roma, Musei Capitolini 1996-1996), Roma 1995, p. 108, n. 13;
  • M.R. Nappi, in Fiamminghi a Roma 1508-1608. Artistes des Pays-Bas et de la Principauté de Liège à Rome à la Renaissance, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 1995; Bruxelles, Palais des Beaux-Arts, 1995), Gand 1995, pp. 111-112, n. 43; 
  • M. Calvesi, La caraffa di fiori e i riflessi di luce nella pittura di Caravaggio: la vita e le opere attraverso i documenti, atti del convegno internazionale di studi (Roma, 1996), Roma 1996, pp. 228, 230-231; 
  • P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 209; 
  • K. Herrmann Fiore, Caravaggio e la quadreria del Cavalier d’Arpino, in Caravaggio: la luce nella pittura lombarda, catalogo della mostra (Bergamo, Accademia Carrara di Belle Arti, 2000), a cura di C. Strinati e R. Vodret, Milano 2000, p. 71; 
  • K. Herrmann Fiore, in Caravaggio: la luce nella pittura lombarda, catalogo della mostra (Bergamo, Accademia Carrara, 2000), a cura di C. Strinati, Milano 2000, p. 190; 
  • M. Gregori, Il Caravaggio e i suoi, in La natura morta italiana da Caravaggio al Settecento, a cura di M. Gregori, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Strozzi, 2003), Milano 2003, p. 30;
  • K. Herrmann Fiore, scheda in Fiori: cinque secoli di pittura floreale, catalogo della mostra (Biella, Museo del Territorio, 2004), a cura di F. Solinas, Roma 2004, pp. 41-43, n. 2; 
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 119; 
  • K. Ertz, C. Nitze-Ertz, Jan Brueghel der Ältere (1568-1625). Kritischer Katalog der Gemälde, III, Blumen, Allegorien, Historie, Genre, Gemäldeskizzen, Lingen 2008-2010, p. 1285; 
  • K. Herrmann Fiore, scheda in Fiori. Natura e simbolo dal Seicento a Van Gogh, catalogo della mostra (Forlì, Museo San Domenico, 2010), a cura di D. Benati, F. Mazzocca, A. Morandotti, pp. 62-63, n. 11; 
  • F. Curti, scheda in Caravaggio a Roma, una vita dal vero, catalogo della mostra (Roma, Archivio di Stato, 2011), Roma 2011, pp. 218-220, n. 21; 
  • G. Berra, Luci, riflessi, ombre e rifrazioni nella caraffa con fiori del Ragazzo morso da un ramarro del Caravaggio, in Atti della Giornata di Studi. Quesiti caravaggeschi, atti del convegno (Monte Santa Tiberina, Palazzo Museo Bourbon del Monte, 2012), a cura di P. Carofano, Pontedera (Pisa) 2014, pp. 31-32, fig. 28, n. 56.