Il dipinto, documentato in collezione Borghese fin dal XVII secolo, fu eseguito insieme a un Ecce Homo (inv. 286) dal pittore francese Symon de Châlons, come suggerisce la firma dell'artista tuttora leggibile sul retro della tavola. Giunto probabilmente tra le mani del cardinale Scipione Borghese all'epoca della sua legazione ad Avignone, raffigura la vergine Addolorata, ritratta contro uno sfondo scuro, mentre incrocia le mani sul petto. Il manto verde, avvolto intorno a due veli di colore rosso e bianco, mette in evidenza l'espressione commossa di Maria, una potente immagine pensata per coinvolgere emotivamente l'osservatore, invitandolo ad una profonda riflessione.
Salvator Rosa (cm 41 x 32,5 x 6,7)
(?) Roma, collezione Scipione Borghese, ante 1633 (Venturi 1893); Inventario 1693, Stanza I, nn. 21-22 (Della Pergola 1959); Inventario 1790, Stanza X, nn. 29-30; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, pp. 18, 20. Acquisto dello Stato, 1902.
Sul retro: 'SYMON DE CHA/LONS EN CHAPEINE MA PEINE/1543'
La tavola, insieme al suo pendant raffigurante l'Ecce Homo (inv. 286), è attestata in collezione Borghese a partire dal 1693, descritta come 'un quadretto [alto un palmo incirca] con la Madonna del n. 485 con cornice dorata in Tavola Incerto' (Inv. 1693; cfr. Della Pergola 1959). Assegnata in un primo momento a Federico Zuccari (Inv. 1790) e nel 1833 alla 'Scuola di Raffaello' (Inventario Fidecommissario 1833), l'opera fu debitamente restituita al suo vero autore, il francese Simon de Mailly, la cui firma fu rinvenuta sul retro del dipinto nel 1891, quando l'Addolorata e il suo pendant furono trasferiti da Palazzo Borghese di Campo Marzio al casino di Porta Pinciana.
Secondo Gustavo Frizzoni (Id. 1899), la tavola deriverebbe da un dipinto di Andrea Solario (già Milano, coll. Crespi; attualmente Zurigo, coll. privata), quest'ultimo eseguito dal lombardo come parte di un dittico comprendente un Ecce Homo oggi disperso; mentre secondo Tancred Borenius (in Cavalcaselle 1912) e David A. Brown (1983) rispettivamente dall'Ecce Homo del Museum der Bildenden Künste di Lipsia e da quello della Johnson Collection di Philadelphia (Brown 1987). È molto più probabile, invece, che il dipinto Borghese, al pari di quello svizzero, nasca da un prototipo comune, di mano più alta e di dimensioni ridotte (Lafenestre 1905; Della Pergola 1959; Brown 1987; Rossi 2011); oppure da un originale del Solario, da questi eseguito in Francia tra il 1507 e il 1509 all'epoca del suo servizio accanto al legato d'Avignone Georges d'Amboise e qui copiato da Simon de Châlons (Béguin 1999). Di fatto, nel 1543, anno della data riportata sul retro dell'Addolorata, il Mailly è documentato nella città provenzale, dove firma contemporaneamente la Sacra Parentela (Avignone, Musée Calvet) guadagnandosi l'appellativo di 'fabricant de tableaux pieux' (Zarner 1996). Tale pista, qui condivisa, fa dunque, tramontare sia l'idea di un suo viaggio in Italia, dove l'artista sarebbe venuto proprio per dipingere la tavola Borghese, sia l'ipotesi della derivazione dell'opera da una stampa coeva (Roques 1963). Resta, però, ancora in piedi la proposta di Adolfo Venturi (1893), secondo cui il cardinale Scipione Borghese avrebbe ottenuto i due quadri all'epoca della sua legazione ad Avignone, ipotesi però non supportata da alcun documento.
Antonio Iommelli