La composizione e gli evidenti accenti arpinati dell’opera ricordano lo stile del Cavalier d’Arpino, al quale infatti il rame era attribuito negli inventari Borghese. Tuttavia, la critica ha prima proposto il nome di Filippo d’Angelo detto Filippo Napoletano, noto pittore di battaglie e paesaggi, mentre in seguito il dipinto è stato ascritto a Marzio Ganassini, artista orbitante nella cerchia del Cesari e aderente al medesimo linguaggio pittorico. Il dipinto si trova in cattive condizioni di conservazione.
‘800 (con kymation e palmette) cm 60 x 68 x 7
Collezione Borghese, citato nell’Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 33, n. 29. Acquisto dello Stato, 1902.
L’episodio della Conversione di Saulo è raffigurato come una battaglia. Il miracolo si svolge al centro, in un piano leggermente arretrato, fatto risaltare dalle figure-quinta in primo piano, due cavalieri in fuga a sinistra e due soldati a destra. San Paolo, circondato da guerrieri che si muovono in tutte le direzioni, è appena caduto dal suo cavallo bianco e si trova disteso con le braccia aperte mentre rivolge lo sguardo al cielo dove Dio, assiso tra puttini, è rappresentato nell’atto di infondergli il bagliore divino provocandone la conversione.
Il dipinto, di cui si ignora la provenienza, è elencato per la prima volta nell’inventario fidecommissario del 1833 come opera del Cavalier d’Arpino. Giovanni Piancastelli (1891, p. 368) e Adolfo Venturi (1893, p. 209) mantengono l’attribuzione inventariale al Cesari. Questa viene però rifiutata da Roberto Longhi, che dapprima ascrive l’opera al pittore di battaglie e paesi Filippo Angeli detto Filippo Napoletano (1928, p. 222), poi propone un più generico riferimento ad una cultura parallela vicina a quella di Filippo, continuando a ritenere il dipinto stilisticamente vicino ai modi di quest’ultimo pur non confermandone l’autografia (1957, p. 42). Paola Della Pergola, nel catalogo dei dipinti della Galleria Borghese (1959, p. 66), preferisce ricollocare questo rame nella cerchia del Cavalier d’Arpino. L’opera è menzionata nel catalogo della mostra dell’Arpino del 1973 a cura di Herwart Röttgen, il quale propone l’attribuzione ad un seguace del Cesari, Marzio Ganassini, pittore certamente orbitante nella cerchia del maestro arpinate e aderente al medesimo linguaggio pittorico, a cui l’artista si accostò dall’inizio del Seicento. Il dipinto Borghese è dunque databile al primo quarto del secolo. Al Ganassini Röttgen ascrive anche un altro rame, anch’esso raffigurante la Conversione di San Paolo (Galleria del Castello di Praga), in cui sono evidenti gli accenti arpinati e i rapporti stilistici e compositivi con il quadretto Borghese. Entrambi i dipinti sono citati anche nel profilo biografico del Ganassini, in cui Enrico Parlato (1999, p. 139) riporta il parere di Röttgen senza ulteriori considerazioni. Lo studioso tedesco ripropone l’attribuzione al Ganassini anche nella monografia del Cavalier d’Arpino (2002, p. 540), menzionando il dipinto tra quelli che subiscono l’influsso del maestro pur essendo chiaramente riconducibili ad altra mano. In ultimo Herrmann Fiore (2006, p. 149) pubblica l’opera con una meno convincente attribuzione al Cavalier d’Arpino e datazione al 1596-1597.
Pier Ludovico Puddu