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Conversione di Saulo

Seguace di Tisi Benvenuto detto Garofalo

(Garofalo o Ferrara 1476 - Ferrara 1559)

Il dipinto è documentato nell'inventario Borghese del 1693 come opera del Garofalo. L'opera è concordemente attribuita a un seguace del pittore. Considerevole il numero di opere del Garofalo - autografe o attribuite a seguaci - appartenente alla collezione Borghese.


Scheda tecnica

Inventario
246
Posizione
Datazione
1540 circa
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 57 x 39
Provenienza

Collezione Borghese, Inv. 1693, Stanza IX, n. 487; Inventario 1790, Stanza dell’Ermafrodito, n. 48; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 22, n. 34. Acquisto dello Stato, 1902.

Conservazione e Diagnostica
  • 1903, Luigi Bartolucci (disinfestazione)
  • 2000, Carlo Festa
  • 2019, Laura Cibrario
  • 2020 Measure3D di Danilo Salzano (laser scan 3D)
  • 2020 Erredicci (indagini diagnostiche)
  • 2021 IFAC-CNR (indagini diagnostiche)
  • 2021/2022 ArsMensurae di Stefano Ridolfi (indagini diagnostiche)

Scheda

L’episodio raffigurato, tratto dal capitolo 9 degli Atti degli Apostoli, mette in scena lo stupore e lo spavento della Conversione del soldato Saulo, futuro apostolo delle genti Paolo. Gesù, accompagnato da un angelo, apre le nubi e rivolge la sua luce e la sua forza verso il militare in armatura e veste blu ormai disarcionato, mentre i suoi compagni attorno a lui, abbagliati da ciò che sta accadendo, fuggono sui loro cavalli imbizzarriti. «Saulo, Saulo perché mi perseguiti?» sono le parole che Cristo indirizza a Paolo, il quale, coprendo gli occhi accecati da quel bagliore con la mano, reclina la testa rendendo instabile l’elmo piumato e mosso da un forte vento che scompiglia anche i panneggi in cui è avvolto e i mantelli dei suoi commilitoni.

La serenità e la compostezza paesaggio tipico della ferrarese vengono rotte dalla concitazione della scena sacra in primo piano, movimentata da una gestualità e un’espressività fortemente drammatica e teatrale.

Gli antichi inventari della collezione Borghese, in cui il dipinto compare a partire dal 1693, concordano nell’attribuire la piccola tavola al Tisi, con l’eccezione del documento del 1790, in cui viene accostata al nome di Bellini. La paternità all’artista ferrarese, sebbene messa in dubbio dalla debole resa stilistica che la renderebbe più avvicinabile ad un seguace (Della Pergola 1955), viene accolta da tutta la critica (Platner 1842; Venturi 1893; Longhi 1928). In merito alla datazione, già Venturi avvicina quest’opera all’assimilazione da parte del Garofalo delle “aberrazioni” della Maniera di Giulio Romano a Mantova, e proprio per questo motivo il dipinto sarebbe riconducibile entro il quinto decennio del XVI secolo. Nel catalogo dei dipinti della Galleria Borghese redatto da Paola Della Pergola (1955), la studiosa aveva avanzato l’ipotesi che si tratti dell’opera dello stesso soggetto presente nell’inventario di Lucrezia d’Este attribuito a Ludovico Mazzolino, citazione in realtà riferibile all’opera oggi attribuita a Giacomo Panizzati (attivo dal 1524 circa –1540) della National Gallery di Londra (inv. NG73; Tarissi de Jacobis 2002).

Lara Scanu




Bibliografia
  • E. Platner, Bes Chreibung der Stadt Rom, III.3. Das Marsfeld, die Tiberinsel, Trastevere und der Janiculus, III, Stuttgart 1842, p. 288
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 135
  • R. Longhi, Precisioni nelle gallerie italiane. Galleria Borghese, Roma 1928, n. 246
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955, n. 67
  • S. Zamboni, Ludovico Mazzolino, Ferrara 1968, n. 40
  • A. Pattanaro, La maturità del Garofalo. Annotazioni ad un libro recente, «Prospettiva», 79, 1995, p. 53 nota 60
  • S. Tarissi de Jacobis, in Il museo senza confini. Dipinti ferraresi del Rinascimento nelle raccolte romane, a cura di J. Bentini e S. Guarino, Milano 2002, pp. 184-185, scheda 33