Inventario 1693, Stanza XI, nn. 83-84; Inventario 1790, Stanza VII, n. 23. Acquisto dello Stato, 1902.
Sebbene Paola Della Pergola ipotizzi, con qualche significativo margine di errore, che questo piccolo paesaggio appartenga al gruppo di opere provenienti dalla collezione di Lucrezia d’Este di Urbino (1592), poi passati tra i beni di Olimpia Aldobrandini (citati negli inventari del 1626 e del 1682), compare per la prima volta nella raccolta Borghese nel 1693, incividuabile in uno dei «due quadrucci in rame ovati con paesini e figure del n. 154 cornice dorata. Incerti». Nel 1790, questo paesaggio come altri quattro ancora oggi in collezione (invv. 283, 289, 417, 473) sono riconosciuti come di mano di “Cornelio Satiro”, artista identificato da Paola della Pergola con Cornelis van Ryssen (Poelenburg of van Ryssen secondo Orbaan 1911), pittore fiammingo presente a Roma nel 1667, quando far parte della compagnia dei Bentvueghels (Della Pergola 1959, p. 186, n. 277). Piancastelli (1891) lo riferisce all’incisore emiliano Ludovico Mattioli, mentre Venturi (1893) e Longhi (1928) sono concordi nell’avvicinare il dipinto a Jan Brueghel il Vecchio, posizione ridimensionata da van Puyvelde (1950) e, seguìta, da Paola Della Pergola (1955) in favore di un più generico ambito del maestro fiammingo, posizione ancor oggi condivisibile.
L’episodio raffigurato è quello delle tentazioni di Cristo (Matteo 4, 1-4; Luca 4, 1-3), dove il soggetto della composizione è evidenziato, all’interno del dettagliatissimo paesaggio lacustre o fluviale di ascendenza fiamminga, con la presenza a sinistra delle due figure di Gesù e del demonio – raffigurato in modo caricaturale e con le zampe di un rapace al posto dei piedi – accompagnate, in alto a destra, da un airone bianco, simbolo della Sapienza divina e personificazione stessa del Messia.
Lara Scanu