L'Erma, fortemente restaurata e con testa moderna, ritrae le fattezze di un Ercole fanciullo, coperto dalla leontè, la pelle del leone nemeo ucciso dall'eroe, che riveste interamente il busto e parte del fusto. Le braccia sono flesse e le mani strette in un pugno stilizzato; in quella sinistra è sorretta la clava, adagiata sulla spalla corrispondente.
La scultura è ricordata nel 1700 nel Parco della Villa a pendant con una di soggetto analogo ai lati di una porta nel muro che circondava il Cortile annesso alla Palazzina del Custode del Gallinaro. Dal 1832 è attestata nella sua attuale collocazione, all'interno della Sala II.
La precisione realistica nella lavorazione della superficie, in particolare della pelle ferina, suggerisce un inquadramento cronologico nella metà del II secolo d.C.
Collezione Borghese, ricordata per la prima volta nel 1700 dal Montelatici nel Parco della Villa, nel muro che circondava il Cortile annesso alla Palazzina del Custode del Gallinaro, al lato di una porta (p. 112). All’interno della Palazzina è menzionata nel 1832 nella II sala dal Nibby (p. 74). Inventario Fidecommissario Borghese, C., p. 46, n. 68. Acquisto dello Stato, 1902.
Il Montelatici nel 1700 ricorda la scultura nel Parco della Villa, nel muro che circondava il Cortile annesso alla Palazzina del Custode del Gallinaro, disposta simmetricamente a una di Ercole adulto (inv. LXXXVI) ai lati di una porta (p. 112). Tale collocazione è confermata alla fine del Settecento da un acquerello del Percier, nel quale le due figure sono poste all’interno di nicchie (Di Gaddo 1997, p. 152). Nel 1832 il Nibby menziona nella II camera due erme di cui una raffigurante un “fauno giovanetto, anche esso di marmo pentelico, ravvolto nella nebride, al quale il ristauratore ha dato la clava in luogo del pedum suo ordinario attributo”, nella quale è possibile probabilmente identificare l’Ercole in esame (p. 74). L’anno successivo nell’Inventario Fidecommissario Borghese l’opera viene menzionata nella II sala “dedicata ad Ercolo”, come un “Ercole Giovane Terminale, con pelle d’Ariete, sopra base con bassorilievo” (C., p. 46, n. 68). La Calza nel suo catalogo delle sculture antiche della collezione Borghese ritiene l’erma una “decorazione di giardino” (1957, p. 12, n. 95).
L’eroe, ritratto in giovane età, è completamente avvolto dalla leontè, che arriva a coprire parte del fusto dell’erma, celando la posizione delle braccia flesse, appena intuibile. Le mani, lasciate scoperte, sono strette a pugno in un gesto tipicamente infantile: la sinistra a trattenere la clava, la destra a fermare il bordo della pelle ferina. L’esecuzione di quest’ultima appare realistica e particolareggiata, trattata con l’uso di trapano e scalpello al fine di evidenziarne il pelame.
L’erma si presenta fortemente restaurata, conservando di antico il fusto, con la maggior parte della pelle ferina, le braccia e l’impugnatura della clava; del tutto moderna è invece la testa. Due Erme di soggetto analogo presentano delle caratteristiche simili a quella Borghese ma anche delle differenze: la prima, conservata nel giardino del Palazzo dei Conservatori, ha il capo coperto dalla leontè che si avvolge sulle braccia, ma la clava poggia al suolo; la seconda, esposta nella Galleria dei Candelabri ai Musei Vaticani, presenta le braccia flesse portate al petto, e la mano destra a trattenere la pelle dell'animale ma il capo è scoperto e la clava è assente (Stuart Jones 1926, p. 249, n. 98, pl. 87; Lippold 1956, p. 134, n. 41, pl. 64).
Il rendimento stilistico della scultura con un uso assai discreto del trapano e la particolare accuratezza nella trattazione della superficie indicano una datazione nella metà del II secolo d.C.
Giulia Ciccarello