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Gruppo di Afrodite con Eros

Arte romana


Il gruppo scultoreo frammentario, di ignota provenienza, rappresenta Afrodite accompagnata dal figlio Eros. La dea dell’amore e della sensualità è in equilibrio sulla gamba destra, colta nel gesto di portare la mano destra verso il piede sinistro sollevato per sciogliere il sandalo mentre il braccio sinistro si allarga a bilanciare la torsione complessiva del corpo.

Il soggetto ebbe una straordinaria fama nel mondo antico, attestato da repliche di piccolo formato in terracotta, in marmo e bronzo, oltre che dalle monete di Afrodisia di Caria, con oltre duecento attestazioni in materiali e supporti diversi. Il tipo è una creazione propriamente ellenistica, dei decenni finali del III sec. a.C., forse un dono votivo dedicato in un santuario dell’Asia Minore.

La replica Borghese, con probabile funzione decorativa di ambienti privati, può essere collocata in età adrianea.


Scheda tecnica

Inventario
CLXXVII
Posizione
Datazione
120-160 d.C.
Tipologia
Materia / Tecnica
marmo bianco
Misure
altezza senza plinto cm 89; altezza Eros cm 44
Provenienza

Collezione Borghese, citato per la prima volta nell’Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, p. 41, n. 7 (?). Acquisto dello Stato, 1902.

Conservazione e Diagnostica
  • XIX sec. - interventi nel panneggio di Afrodite, inserti in gesso, ricomposizione Eros
  • 1990-91 - I.C.R.
  • 2008 - Consorzio Capitolino

Scheda

Il gruppo scultoreo, di ignota provenienza, è inserito nella collezione Borghese solo dal 1833. Dapprima esposto in sala III, nel 1888 venne spostato in sala V, dove ne ricorda la presenza il Venturi.

Il torso rappresenta una figura muliebre in piedi sulla gamba destra, chinata in avanti nel gesto di infilare o sciogliere un calzare dal piede sinistro. Questo movimento favorisce il formarsi di sottili pieghe all’altezza dell’ombelico. I seni piccoli hanno forma conica, le cosce sono carnose; il corpo è pressoché nudo: sulla spalla sinistra si conserva un panneggio che scende lungo il braccio fin sotto il gluteo sinistro, reso con pieghe larghe nella parte superiore e profonde in quella inferiore, con sapiente uso del trapano. Sulla schiena i passaggi sono sfumati, mentre è in evidenza il solco della spina dorsale. In piedi sulla gamba sinistra della figura muliebre si distingue un piccolo amorino paffuto con la capigliatura mossa e gli occhi vispi.

Nonostante la frammentarietà del gruppo Borghese è facile riconoscervi una delle numerose repliche di “Afrodite che si slaccia il sandalo”, o “sandalenlösende Aphrodite” secondo la convenzionale dicitura tedesca, o “Sandalbinder” secondo quella inglese, gruppo estremamente amato in tutto il mondo mediterraneo a partire da epoca ellenistica fino alla tarda antichità (Bernoulli 1873, pp. 329-341; Anti 1927; Delivorrias et al. 1984, pp. 57-58, nn. 462-474; Angiolillo 2010; Lesswing 2015, Colzani 2018).

Al di là delle sue numerose varianti, infatti, lo schema che lo definisce è ben identificabile nella figura femminile in equilibrio sulla gamba destra, colta nel gesto di portare la mano destra verso il piede sinistro sollevato mentre il braccio sinistro si allarga a bilanciare la torsione complessiva del corpo. La presenza di Eros, cui si sostituiscono in altri esemplari Priapo, delfini o sostegni in forma di vaso, contribuisce all’identificazione della figura come Afrodite / Venere.

L’atto di sfilare il sandalo al piede sinistro, non conservato nel nostro esemplare, fornisce la cornice narrativa alla scena, ed è concordemente interpretato come gesto erotico: la dea si libera, infatti, dell’ultimo indumento che indossa in vista del bagno o, piuttosto, dell’imminente unione sessuale (Cultraro, Torelli 2009, pp.184-190).

Il soggetto ebbe una straordinaria fama nel mondo antico, attestato da repliche di piccolo formato in terracotta (le più antiche provenienti da Taranto e databili archeologicamente tra il 225 ed il 175 a.C.), in marmo e bronzo e su monete microasiatiche, con oltre duecento attestazioni in materiali e supporti diversi. Il tipo si presenta come una creazione propriamente ellenistica e può essere inquadrato tra le Afroditi al bagno ispirate all’Afrodite di Cnido, nonostante la presenza di una tradizione iconografica risalente alla seconda metà del V secolo, attestata sia nella scultura (vd. Nike della balaustra del tempietto di Atena sull’acropoli nell’atto di chinarsi per aggiustare il sandalo) che nella pittura (vd. pelike attica Louvre G 549, a figure rosse, datata ca 440 a.C.).

La diffusione del tipo esclusivamente in piccolo formato ha portato a escludere una originaria funzione cultuale per l’archetipo, che si ipotizza potesse essere un dono votivo dedicato in un santuario del Mediterraneo. In particolare, l’elevato numero di esemplari provenienti dall’area micro-asiatica e l’attestazione di monete coniate ad Afrodisia di Caria e ad Apollonia di Misia sembrano supportare l’ipotesi condivisa che l’originale si trovasse in Asia Minore. Infine, la derivazione dai canoni lisippei suggerisce di collocare l’originale del tipo nei decenni finali del III secolo a.C.

Per quanto concerne invece la replica Borghese, il trattamento del modellato, il tipo di panneggio, la chioma Eros lavorata con il trapano e ben confrontabile con quella degli Eroti su sarcofagi urbani di età adrianea suggeriscono tale orizzonte cronologico. Quanto al contesto di destinazione, sulla base dei dati noti per le altre repliche, pur non potendo escludere una esposizione in spazi pubblici (come ad Atene, al Dypilon) o in aree sacre (come a Cirene, nel tempio di Afrodite), è altamente plausibile una collocazione in ambienti privati, in particolate per la decorazione di nicchie o di altri punti di esposizione presenti nelle abitazioni (come a Pompei o Oplontis).

Jessica Clementi




Bibliografia
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese, Roma 1854 (1873), p. 18, n. 6.
  • J.J. Bernoulli, Aphrodite: ein Baustein zur griechischen Kunstmythologie. Mit einem litographischen Titelblatt, Leipzig 1873, p. 339.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 37.
  • G. Giusti, La Galerie Borghèse et la Ville Humbert Premier à Rome, Roma 1904, p. 29.
  • S. Reinach, Répertoire de la statuaire grecque et romaine, vol. II, Paris 1908, p. 806, n. 1.
  • W. Amelung, P. Arndt, G. Lippold, Photographische Einzelaufnahmen antiker Skulpturen, X, 1, München 1925, p. 13, n. 2749 (Lippold).
  • C. Anti, Nuove repliche della Venere che si toglie il sandalo, in “Bollettino del Museo Civico di Padova” 20 (1927), pp. 17-82, in part. n. 10.
  • G. Lippold, Die Griechische Plastik (Handbuch der Archäologie, VI), Munich 1950, p. 327.
  • V. Machaira, Les groupes statuaries d’Aphrodite et d’Éros. Étude stylistique des types et de la relation entre les deux divinités pendant l’époque hellénistique, Athenes 1993, p. 64, n. 35, 140, 164, 168-169, 170, 201.
  • Delivorrias et alii, s.v. Aphrodite, in “Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae”, II,1 Zürich München 1984, pp. 57-58, nn. 462-474.
  • P. Moreno, A. Viacava, I marmi antichi della Galleria Borghese. La collezione archeologica di Camillo e Francesco Borghese, Roma 2003, pp. 92-93, n. 50.
  • M. Cultraro, M. Torelli, Status femminile e calzature, in “Ostraka “,18.1, 2009, pp. 175-192.
  • S. Angiolillo, Un’Afrodite riemersa dal mare. La Sardegna e i suoi rapporti con il Mediterraneo, in “ArcheoArte” 2010, 1: 3-18
  • L. Lesswing, An Aphrodite Sandalbinder Statuette in the Princeton University Art Museum, in “Record of the Art Museum, Princeton University”, 74, 2015, pp. 38-54.
  • G. Colzani, L’arte industriale sulla via del classicismo. Vicenda moderna di un’antica Venere da Ercolano, in “LANX”, 26, 2018, pp. 15-40.
  • Scheda di catalogo 12/01008567, P. Moreno 1975; aggiornamento G. Ciccarello 2021