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Statua di Afrodite del tipo Capitolino

Arte romana


Ricomposta da diversi frammenti, la statua è una replica dell’Afrodite Pudica, nota anche come “Afrodite tipo Dresda-Capitolina”. La dea dell’amore, completamente nuda, si regge sulla gamba sinistra ed è colta nell’atto di coprirsi il pube e il seno sinistro; a destra un semplice drappo appoggiato su un vaso a corpo liscio funge da supporto. La testa, rivolta verso destra, è caratterizzata da una elaborata acconciatura, con ciocche più alte annodate vezzosamente al sommo del capo e le restanti raccolte sulla nuca in una crocchia da cui sfuggono due ciocche ricadenti sulle spalle. Il modellato morbido della scultura Borghese, elaborazione romana della prima metà del II sec., ripete la connotazione realistica e sensuale che caratterizzava l’Afrodite Pudica (in antitesi con l’Afrodite di Cnido prassitelica), il cui archetipo è variamente datato fra la fine del IV sec. e il I sec. a.C.
La statua può forse essere riconosciuta in una delle varie raffigurazioni di Venere nuda menzionate dal Manilli e dal Montelatici nel parco della Villa, o nella scultura esposta almeno fino alla metà del Settecento nella villa di Mondragone. 

Scheda tecnica

Inventario
C
Posizione
Datazione
Prima metà II sec. d.C
Tipologia
Materia / Tecnica
marmo di Luni
Misure
alt. senza plinto cm. 183 (testa cm. 27)
Provenienza
Parco della Villa (Manilli 1650; Montelatici 1700) oppure Villa di Mondragone (Inventario di Villa Mondragone, 1741); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, C, n. 71. Acquisto dello Stato, 1902. 
Conservazione e Diagnostica
  • 1963 Tito Minguzzi
  • 1996 Liana Persichelli

Scheda

La scultura rappresenta Venere, dea dell’amore e simbolo della forza vitale e della fecondità, in una delle numerose varianti romane. La statua può forse essere riconosciuta fra le diverse raffigurazioni di Venere nuda “in atto di uscir dal bagno con un vaso accanto e un panno sopra” menzionate dal Manilli nel 1650 e dal Montelatici nel 1700 nel Parco della Villa, ma non si può escludere che essa sia piuttosto la “Venere di marmo in piedi sopra una fontana” collocata, secondo l’Inventario di Villa Mondragone del 1741, nella “loggia che guarda verso la villa Tuscolana, contigua alla camera dove si pranza”. Nel 1832 Nibby la menziona fra le sculture della sala II, dove attualmente è collocata, senza peraltro fare alcuna menzione della provenienza e dei restauri. Ricomposta da diversi frammenti, la scultura è una replica dell’Afrodite Pudica, nella sua rielaborazione ellenistica nota come “Afrodite tipo Dresda-Capitolina” (Brinkerhoff 1971, pp. 10-11; Delivorrias et alii 1984, pp. 52-53, nn. 409-418; Schmidt 1997, pp. 204-205, nn. 112-117) dalle repliche migliori della testa (Dresda, Albertinum, inv. 239) e del corpo (Roma, Museo Capitolino, inv. 409). Il nome allude al gesto di pudore, con il torso inarcato in avanti e il braccio destro piegato nel tentativo di coprire il seno sinistro, mentre il braccio sinistro è portato davanti pube. La figura si regge sulla gamba sinistra, mentre la destra, flessa, è portata lievemente in avanti. La testa è rivolta verso destra e lievemente chinata; i capelli, divisi sulla fronte in due ampie bande, si dispongono intorno al viso, con le ciocche più alte raccolte al sommo del capo in un nodo e i rimanenti raccolti sulla nuca in una crocchia da cui sfuggono due ciocche ricadenti sulle spalle.

La statua eponima del tipo, trovata a Roma nel XVII secolo, deriva dall’Afrodite di Cnido, statua creata dallo scultore ateniese Prassitele alla metà del IV secolo a.C.: si trattava del primo nudo femminile proposto nella scultura greca a tutto tondo e rappresentava la dea subito prima o dopo un bagno sacro. La grande fama dell’opera di Prassitele determinò la creazione di numerose copie e varianti: è difficile precisare quando sia stato eseguito l’archetipo dell’Afrodite Pudica, la cui creazione è variamente datata fra la fine del IV sec. e il I sec. a.C., attribuita, tra gli altri, a Cefisodoto il giovane, la cui statua in marmo pario, confluita nella seconda metà del I sec. a.C. nella collezione romana di Asinio Pollione, era annoverata fra i capolavori della scultura in marmo (Plinio, Naturalis Historia XXXVI, 24). Al grande successo conosciuto in ambito greco e orientale in età medio e tardo ellenistica, confermato dalle numerose riproduzioni anche in formato ridotto e dalla monetazione di città asiatiche in epoca imperiale, fece seguito una ampia diffusione del tipo fra I e III sec. d.C. in ambito occidentale, con centinaia di repliche presenti in tutte le province dell’impero romano. La varietà dei contesti d’esposizione – privati, con frequenti adattamenti del tipo per statue iconiche, e pubblici, soprattutto vani termali, ninfei, fontane – ha comportato una certa libertà iconografica nelle riproduzioni, ben visibile nelle molteplici soluzioni adottate per il supporto, in questo caso costituito da un vaso dal corpo liscio sul quale è appoggiato un semplice drappo, talvolta una loutrophoros dal corpo baccellato con sopra un drappo frangiato – come nell’esemplare capitolino – oppure un delfino (Algeri, Museo Nazionale, inv. 5), un tritone (Musei Vaticani, inv. 263bis), un tronco d’albero o Eros (MANN, inv. 6296).   Il modellato morbido della replica Borghese, con forme piene senza che i tessuti siano sovrabbondanti – confrontabile con una Afrodite nella collezione Farnese a Napoli (MANN, inv. 6283) – ripete la connotazione realistica e sensuale, nonché i contorni fluenti che caratterizzavano l’Afrodite Pudica in antitesi alla Cnidia di Prassitele; il trattamento della chioma e del drappo, in cui non si fa uso del trapano, permettono di proporre una datazione entro la metà del II sec. d.C.      

Jessica Clementi




Bibliografia
  • I. Manilli, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, Roma 1650, p. 75.
  • D. Montelatici, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana con l’ornamenti che si osservano nel di lei Palazzo, Roma 1700, pp. 22, 83.
  • A. Nibby, Monumenti scelti della Villa Borghese, Roma 1832, p. 78, n.6.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese, Roma 1840, p. 14, n.21.
  • A. Nibby, Roma nell’anno 1838, Roma 1841, p. 917, n.21.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese, Roma 1854 (1873), p.16, n.21.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 27.
  • G. Giusti, La Galerie Borghèse et la Ville Humbert Premier à Rome, Roma 1904, p. 24.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, (3° Edizione), Roma 1954, p. 10.
  • R. Calza, Catalogo del Gabinetto fotografico Nazionale, Galleria Borghese, Collezione degli oggetti antichi, Roma 1957, p. 10, n. 51.
  • D. M. Brinkerhoff, Figures of Venus, Creative and Derivatives. Studies Presented to G. M. A. Haufmann, Mainz 971, in part. pp. 10-11.
  • P. Moreno, Museo e Galleria Borghese, La collezione archeologica, Roma 1980, p. 15.
  • P. Moreno, S. Staccioli, Le collezioni della Galleria Borghese, Milano 1981, p. 100, fig. a p. 85.
  • A. Delivorrias et alii, s.v. Aphrodite, in “Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae”, II,1 Zürich München 1984, pp. 52-53, nn. 409-418.
  • P. Moreno, C. Sforzini, I ministri del principe Camillo: cronaca della collezione Borghese di antichità dal 1807 al 1832, in “Scienze dell’Antichità”, 1, 1987, pp. 339-371, in part. p. 346.
  • E. Schmidt, s.v. Venus, in “Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae”, VIII,1 Zürich München 1997, pp. 204-205, nn. 112-117.
  • P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 100, n. 26a.
  • P. Moreno, A. Viacava, I marmi antichi della Galleria Borghese. La collezione archeologica di Camillo e Francesco Borghese, Roma 2003, pp. 182-83, n. 162.
  • Scheda di catalogo 12/00147834, P. Moreno 1975; aggiornamento G. Ciccarello 2021