La scultura rappresenta Venere, dea dell’amore e simbolo della forza vitale e della fecondità, in una delle numerose varianti romane. La statua può forse essere riconosciuta fra le diverse raffigurazioni di Venere nuda “in atto di uscir dal bagno con un vaso accanto e un panno sopra” menzionate dal Manilli nel 1650 e dal Montelatici nel 1700 nel Parco della Villa, ma non si può escludere che essa sia piuttosto la “Venere di marmo in piedi sopra una fontana” collocata, secondo l’Inventario di Villa Mondragone del 1741, nella “loggia che guarda verso la villa Tuscolana, contigua alla camera dove si pranza”. Nel 1832 Nibby la menziona fra le sculture della sala II, dove attualmente è collocata, senza peraltro fare alcuna menzione della provenienza e dei restauri. Ricomposta da diversi frammenti, la scultura è una replica dell’Afrodite Pudica, nella sua rielaborazione ellenistica nota come “Afrodite tipo Dresda-Capitolina” (Brinkerhoff 1971, pp. 10-11; Delivorrias et alii 1984, pp. 52-53, nn. 409-418; Schmidt 1997, pp. 204-205, nn. 112-117) dalle repliche migliori della testa (Dresda, Albertinum, inv. 239) e del corpo (Roma, Museo Capitolino, inv. 409). Il nome allude al gesto di pudore, con il torso inarcato in avanti e il braccio destro piegato nel tentativo di coprire il seno sinistro, mentre il braccio sinistro è portato davanti pube. La figura si regge sulla gamba sinistra, mentre la destra, flessa, è portata lievemente in avanti. La testa è rivolta verso destra e lievemente chinata; i capelli, divisi sulla fronte in due ampie bande, si dispongono intorno al viso, con le ciocche più alte raccolte al sommo del capo in un nodo e i rimanenti raccolti sulla nuca in una crocchia da cui sfuggono due ciocche ricadenti sulle spalle.
La statua eponima del tipo, trovata a Roma nel XVII secolo, deriva dall’Afrodite di Cnido, statua creata dallo scultore ateniese Prassitele alla metà del IV secolo a.C.: si trattava del primo nudo femminile proposto nella scultura greca a tutto tondo e rappresentava la dea subito prima o dopo un bagno sacro. La grande fama dell’opera di Prassitele determinò la creazione di numerose copie e varianti: è difficile precisare quando sia stato eseguito l’archetipo dell’Afrodite Pudica, la cui creazione è variamente datata fra la fine del IV sec. e il I sec. a.C., attribuita, tra gli altri, a Cefisodoto il giovane, la cui statua in marmo pario, confluita nella seconda metà del I sec. a.C. nella collezione romana di Asinio Pollione, era annoverata fra i capolavori della scultura in marmo (Plinio, Naturalis Historia XXXVI, 24). Al grande successo conosciuto in ambito greco e orientale in età medio e tardo ellenistica, confermato dalle numerose riproduzioni anche in formato ridotto e dalla monetazione di città asiatiche in epoca imperiale, fece seguito una ampia diffusione del tipo fra I e III sec. d.C. in ambito occidentale, con centinaia di repliche presenti in tutte le province dell’impero romano. La varietà dei contesti d’esposizione – privati, con frequenti adattamenti del tipo per statue iconiche, e pubblici, soprattutto vani termali, ninfei, fontane – ha comportato una certa libertà iconografica nelle riproduzioni, ben visibile nelle molteplici soluzioni adottate per il supporto, in questo caso costituito da un vaso dal corpo liscio sul quale è appoggiato un semplice drappo, talvolta una loutrophoros dal corpo baccellato con sopra un drappo frangiato – come nell’esemplare capitolino – oppure un delfino (Algeri, Museo Nazionale, inv. 5), un tritone (Musei Vaticani, inv. 263bis), un tronco d’albero o Eros (MANN, inv. 6296). Il modellato morbido della replica Borghese, con forme piene senza che i tessuti siano sovrabbondanti – confrontabile con una Afrodite nella collezione Farnese a Napoli (MANN, inv. 6283) – ripete la connotazione realistica e sensuale, nonché i contorni fluenti che caratterizzavano l’Afrodite Pudica in antitesi alla Cnidia di Prassitele; il trattamento della chioma e del drappo, in cui non si fa uso del trapano, permettono di proporre una datazione entro la metà del II sec. d.C.
Jessica Clementi