Questo dipinto raffigura uno dei temi più cari e congeniali della pittura bolognese dei primi decenni del Seicento, come testimonia l’enorme fortuna del soggetto, replicato innumerevoli volte. La tela rappresenta il volto di Cristo, incoronato da un serto di spine, su cui scorrono lacrime e sangue. Lo sguardo triste e le labbra violacee esprimono quei sentimenti che si intendeva suscitare nel popolo dei fedeli.
Questo dipinto è segnalato per la prima volta nella raccolta Borghese nel 1650, descritto da Iacomo Manilli come "il quadro piccolo [...] del Salvatore, è d'Annibale Carracci"; paternità confermata da Carlo Cesare Malvasia (1678) e dall'estensore dell'inventario Borghese del 1693. Elencato successivamente come opera di Ludovico Carracci (Inv. 1790), nel 1928 il quadro fu accostato da Roberto Longhi alla Maddalena (inv. 48), le cui dimensioni pressoché identiche fecero pensare che le due tele fossero state concepite come pendant; ipotesi scartata nel 1955 da Paola della Pergola. Secondo la studiosa, infatti, le due teste, copie degli originali di cui parlano le fonti, erano state avvicinate tra di loro in un secondo momento, modificando per l'occasione le dimensioni, come dimostrerebbero le diverse proporzioni. Tenuto conto di tali considerazioni, l'allora direttrice del Museo Borghese pubblicò le teste come opera di un seguace di Agostino Carracci, opinione in parte rivista nel 1964, quando avanzò l'idea che il dipinto potesse essere identificato con quello effettivamente descritto nell'inventario Borghese del 1693.
L'opera risente chiaramente dell'Ecce Homo del Correggio (Londra, National Gallery), una piccola tavola una volta conservata presso la quadreria della famiglia Prati di Parma, dove fu vista nel 1587 da Agostino Carracci che ne trasse una nota incisione. È chiaro, infatti, che il bolognese ne rimase fortemente affascinato, come testimonia la tavoletta Borghese, prodotta all'interna della sua bottega, che esalta quei "moti dell'animo" - in questo caso di Cristo - utili ad accrescere la partecipazione emotiva dell'osservatore.
Antonio Iommelli