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Testa di Cristo

Bottega di Carracci Annibale

(Bologna 1560 - Roma 1609)

Questo dipinto, destinato certamente alla devozione privata, raffigura il volto di Cristo ed è stato avvicinato dalla critica per la sua impostazione alla scuola dei Carracci che tra la fine del XVI e i primi anni del XVII secolo elaborò questo particolare prototipo iconografico.


Scheda tecnica

Inventario
196
Posizione
Datazione
Inizi XVII secolo
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 55,5 x 44
Cornice

Salvator Rosa (cm 68 x 54,5 x 6).

Provenienza

Roma, collezione Borghese, 1790 (Inventario 1790, Stanza II, n. 7); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 34. Acquisto dello Stato, 1902.

Conservazione e Diagnostica
  • 2000 ENEA (indagini diagnostiche);
  • 2001 Paola Mastropasqua.

Scheda

La provenienza di questa teletta è ancora ignota. Segnalata per la prima volta in collezione Borghese nel 1790, l'opera fu erroneamente attribuita dall'estensore dell'inventario a Jacopo Palma il Vecchio, nome inspiegabilmente accolto sia negli elenchi fedecommissari del 1833, sia da Giovanni Piancastelli nel 1891. Nel 1893 Adolfo Venturi avvicinò il dipinto alla scuola di Giovanni Lanfranco, parere non condiviso da Roberto Longhi (1928) e da Paola della Pergola che nel 1955 pubblicò questa Testa di Cristo come opera di un seguace di Annibale Carracci, notando una certa affinità con il volto di san Giovanni Evangelista della pala Landini, eseguita dal bolognese nel 1593 e attualmente conservata presso la Pinacoteca di Bologna (cfr. Posner 1971). Secondo la studiosa, infatti, la tela sarebbe opera di un seguace "che si ispira a quel periodo di attività del maestro", eseguita intorno alla metà dell'ultimo decennio del XVI secolo. In effetti, questa Testa mostra una certa familiarità con alcuni modelli elaborati nella bottega di Annibale, in particolare con i volti di alcuni apostoli affrescati nella cappella Herrera a Roma, eseguiti dal fedele allievo Francesco Albani su disegno del maestro. L'espressione severa inoltre richiama alla mente il viso di Dio Padre dipinto da Albani (Barcellona, Museo de Arte); e quello dell'apostolo Giacomo attribuito dalla critica ad Annibale (Madrid, Museo del Prado).

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 27; 
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 120; 
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 196; 
  • H. Tietze, Annibale Carracci’s Tätigkeit in Rom, in “Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen in Wien”, XXVI, 1906-1907, p. 167; 
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955, pp. 22-23, n. 20; 
  • R. Longhi, Saggi e ricerche 1925-28. Precisioni nelle gallerie italiane. La Galleria Borghese, Firenze 1967, p. 343; D. Posner, Annibale Carracci. A Study in the Reform of italian Painting around 1590, II, New York 1971, p. 31, n. 72; figg. 155, 156, 158;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 68.