Complessa è la questione attributiva di quest’opera che oscilla tra Sisto Badalocchio e Antonio Carracci, nipote di Annibale, al quale si deve con ogni probabilità il prototipo perduto del soggetto. Il dipinto raffigura il momento in cui il corpo di Cristo, staccato dalla croce, sta per essere deposto nel sepolcro, composto in basso a sinistra dal gruppo di Maria con le pie donne e, a destra, da quello di Giovanni con Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo che, accompagnati da Maria Maddalena, trasportano il lenzuolo con il corpo di Gesù.
In esposizione temporanea alla Galleria Nazionale d'Arte Antica per la mostra "Raffaello, Tiziano, Rubens. Capolavori dalla Galleria Borghese a Palazzo Barberini"
Il dipinto - di cui si ignora la provenienza - è segnalato per la prima volta nell'Inventario Fidecommissario del 1833 come opera di "scuola bolognese", attribuito da Giovanni Piancastelli (1891) e da Adolfo Venturi (1893) ad Annibale Carracci. L'appartenenza a tale ambito fu mantenuta nei secoli successivi, sebbene con attribuzioni diverse: nel 1906-1907, infatti, Hans Tietze assegnò l'opera a Giovanni Lanfranco, parere non condiviso da Roberto Longhi (1928) che dal canto suo vi riconobbe la mano di Antonio Carracci, figlio di Agostino e nipote di Annibale. Nonostante vi vedesse modi lanfranchiani - letti da Denis Mahon (1951, pp. 82-84) in favore di Sisto Badalocchio - Paola della Pergola accolse positivamente il parere di Longhi, pubblicando l'opera nel catalogo della Galleria Borghese con il riferimento al giovane Carracci (1955, pp. 23-24).
La questione attributiva rimane tuttora complessa, rimbalzando tra chi ritiene la tela un'opera autografa di Sisto Badalocchio (Salerno 1956, pp. 35-36; Frisoni 1980, p. 34, n.1; Whitfield 1996, pp. 125-126), e chi invece sostiene la tesi longhiana, come Aldo De Rinaldis (1948, p. 64), Marina Causa Picone (1989-1990, p. 200) e Fabrizio Lollini (1995, pp. 139-148), il quale ha datato l'opera tra il 1609-1610. Nel 2007 Massimo Pirondini ha pubblicato la tela nella monografia su Antonio Carracci (2007, pp. 168-169), escludendola al contempo da quella su Badalocchio, data alle stampe dallo stesso studioso qualche anno prima (2004). Secondo Pirondini, infatti, i personaggi qui ritratti sarebbero identici e talvolta sovrapponibili ai protagonisti di altre opere di Antonio Carracci, mostrando gli stessi profili, nonché la medesima consistenza materica dei corpi.
La tela raffigura il trasporto del corpo di Cristo al sepolcro secondo quanto riportato nei Vangeli, divisa in due blocchi distinti: sulla sinistra, il gruppo delle tre Marie - la Vergine, Maria di Cleofa e Maria Salomè - e sulla destra Giovanni Evangelista, Maria Maddalena, Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea, quest'ultimo raffigurato con un ricco turbante.
L'opera, dal forte afflato bolognese, risente sicuramente della celeberrima Deposizione di Raffaello (inv. 369), mostrando - secondo Pirondini - un chiaro interesse per alcune soluzioni tipiche caravaggesche ravvisabili sia nell'uso di una luce serotina, sia nello spegnersi progressivo dei colori verso toni cromatici più tenebrosi.
Antonio Iommelli