Il dipinto, già creduto di Carlo Maratti e con tale attribuzione acquistato dalla Galleria Borghese nel 1921, venne ricondotto alla mano di Sebastiano Conca da Roberto Longhi. L’opera è un esempio di un’iconografia tipica dell’artista che ebbe grande fortuna per tutto il Settecento, incentrata sulla rappresentazione della Madonna col Bambino e santi. Nella tela Borghese appare Giovanni Nepomuceno, santo della Boemia la cui canonizzazione avvenne nel 1729, evento a cui probabilmente è legata la scelta di questo soggetto e che ne suggerisce un’esecuzione immediatamente successiva.
Salvator Rosa; cm 119,3 x 83 x 7
Acquisto dello Stato, 1921.
Il dipinto, già in Palazzo Conventati a Macerata, venne acquistato dalla Galleria Borghese nel 1921 come opera Carlo Maratti. La tela comparve in mostra l’anno successivo a Firenze con tale attribuzione, poi rifiutata da Roberto Longhi (1928, p. 226) che vi riconobbe la mano di Sebastiano Conca. Lo studioso individuò un disegno per una composizione assai prossima a quella Borghese, recante la firma dell’artista, successivamente acquistato dall’allora Gabinetto Nazionale delle Stampe (oggi Istituto Centrale per la Grafica).
Seguendo un’impostazione piramidale, l’artista rappresenta il gruppo della Vergine col Bambino nella parte alta della composizione, circondato da angeli. Al di sotto compare la figura di Giovanni Nepomuceno, santo della Boemia vissuto nel XIV secolo e particolarmente venerato nei territori dell’impero asburgico. Il suo martirio fu voluto da re Venceslao IV, il quale ordinò che fosse gettato in catene nelle acque del fiume Moldava, episodio rappresentato sullo sfondo a sinistra del dipinto. Secondo la tradizione, il santo venne condannato a morte perché non volle rivelare al re la confessione ricevuta dalla regina Giovanna di Baviera, sospettata di infedeltà coniugale. L’iscrizione “Posuit custodiam ori suo” sul pannello tenuto dall’angioletto in primo piano a destra della scena rappresenta una chiara allusione a questa vicenda. Ulteriore rimando all’episodio del martirio è invece rintracciabile nella palma che un altro angelo porge al santo con la mano destra, mentre con l’altra invita lo spettatore al silenzio.
L’opera costituisce un esempio di un genere iconografico impostato sulla rappresentazione della Madonna col Bambino e santi, ampiamente richiesto dalla committenza pubblica e di cui Conca fu uno straordinario e prolifico interprete. Le sue numerose versioni del tema costituirono un termine di confronto importante per tutto il Settecento ed ebbero una particolare influenza sul contesto meridionale (Sestieri 1981, pp. 202-203). Alcuni esempi di questa produzione sono la Madonna col Bambino e San Francesco di Sales di Venaria Reale e un’altra composizione in cui l’artista riprende nuovamente la figura di San Giovanni Nepomuceno, destinata alla chiesa di San Filippo Neri a Torino (Epifani 2020, pp. 249-250).
Giancarlo Sestieri (cit.) ha individuato nella Vergine col Bambino e S. Giovanni Nepomuceno il modello per una tela, oggi perduta, ordinata dal vescovo di Salisburgo e ricordata da Lione Pascoli nella biografia di Conca (1874). Più di recente, Mario Epifani (cit.) ha invece posto l’attenzione su un affresco eseguito dall’artista in una cappella della basilica di Saint-Jean-de-Latran, anch’esso citato da Pascoli e andato distrutto a causa di un rinnovamento ottocentesco. Il rapporto dell’affresco con il dipinto Borghese è testimoniato da un’illustrazione in un volume appartenuto a Johann Rudolf von Spork, vescovo ausiliare di Praga.
Alla fortuna del genere iconografico deve aver contribuito anche la traduzione in incisione del dipinto Borghese che Gottlieb Heiss realizzò per il cardinale Corsini, nipote di Clemente XII, e che risulta datata al 1735. Un esemplare di stampa venne acquistato dalla Galleria nel 1932 e si conserva tuttora in collezione (inv. 535, cfr. Della Pergola 1951, pp. 87-88, n. 155).
La datazione della stampa costituisce il termine ante quem per l’esecuzione del dipinto, collocabile all’inizio del quarto decennio del Settecento, subito dopo la canonizzazione di Giovanni Nepomuceno (1729). Con ogni probabilità, infatti, la celebrazione di tale evento influenzò la scelta del soggetto di questa tela.
Pier Ludovico Puddu