Si tratta di una tela di devozione privata eseguita intorno al 1740 dall’artista lucchese Pompeo Girolamo Batoni. Prima dell’acquisto da parte dello Stato nel 1909 il dipinto recava un’attribuzione a Carlo Maratti, subito cambiata in quella attuale, che è stata unanimemente accettata alla luce degli evidenti accenti batoniani dell’opera.
Il dipinto, squisito esempio della produzione sacra di Batoni, raffigura la Vergine a mezza figura, con veste rosea e manto azzurro e con un velo ocra sul capo, con accanto il Bambino nudo che, seduto su un cuscino, con la mano sinistra accarezza teneramente il volto della madre e con l’altra mano impugna una mela, allusione al frutto del peccato originale. Il motivo dello scambio di affetti tra la Madonna e il Bambino, riproponendo una soluzione compositiva di impianto classico che guarda a illustri modelli cinque-seicenteschi, è elaborato dall’autore ispirandosi alle opere di Raffaello, Correggio e soprattutto Guido Reni, che furono tra i principali riferimenti dell’artista lucchese. L’opera risente anche delle lezioni di Sebastiano Conca e Francesco Trevisani, ma va notata in particolare una certa aderenza alla maniera di Carlo Maratti, al quale la tela era infatti attribuita al momento dell’acquisto da parte dello Stato nel 1909. Il dipinto venne destinato alla Galleria Borghese grazie all’interessamento del direttore Giulio Cantalamessa, che ne propose l’acquisto presso il conte Guglielmo Aluffi-Pontini. L’attribuzione a Maratti venne subito cambiata con quella attuale, unanimemente accolta dalla critica in considerazione degli evidenti caratteri batoniani dell’opera, ovvero la fattura levigata, quasi porcellanacea delle figure, gli incarnati rosei e i colori chiari e luminosi.
Pompeo Batoni giunse ventenne a Roma e ben presto si trovò al centro della vita artistica della città, dove raggiunse una notevole fama presso i viaggiatori stranieri, soprattutto grazie alle sue eccellenti capacità di ritrattista. Il resto della sua produzione pittorica si divide in opere di carattere profano, prevalentemente mitologico, e religioso, molto spesso di soggetto mariano come nel caso di questa tela della Galleria Borghese, che anche per le dimensioni può essere messa in relazione con numerose opere di devozione privata eseguite dall’artista.
Paola Della Pergola ha proposto una datazione intorno al 1770, mentre Anthony Clark ne ha anticipato l’esecuzione di circa trent’anni, ipotizzando il 1742 circa (Della Pergola 1959, p. 72; Clark 1985, p. 223). Nella recente monografia sull’artista, Edgar Peters Bowron propende per una datazione al 1738-1740 (già ipotizzata in De Angelis 1984, p. 18) in base al confronto con un’opera coeva, raffigurante il Giudizio di Salomone e di ubicazione ignota, in cui le caratteristiche fisiognomiche e la resa dei panneggi di alcuni personaggi sono molto simili a quelle della Madonna con Bambino (Bowron 2016, p. 34). In relazione alla tela Borghese esistono uno studio preparatorio a sanguigna certamente autografo (Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, n. 5785) e una replica con varianti, la cui ambientazione è al lume di candela e con effetti notturni, segnalata da Della Pergola in collezione privata romana. Quest’ultima potrebbe essere la stessa apparsa sul mercato romano nel 1958 (Clark, cit., p. 223).
Pier Ludovico Puddu