Il dipinto è citato a partire dall’inventario del 1790 con il nome di Carlo Dolci, artista fiorentino specializzato in immagini sacre di grande successo sul piano devozionale. Lo stile accorato e sentimentale, tipico delle sue opere, ha indotto unanimemente la critica a conservare tale attribuzione.
La tela rappresenta la Vergine con il piccolo Gesù che avvolto in un panno bianco benedice l'osservatore mentre muove i suoi primi passi. L'abito rosso della Vergine, il mantello azzurro smaltato e il riflesso dorato delle aureole conferiscono alla scena quella leggiadra raffinatezza, tipica della produzione del pittore fiorentino.
Salvator Rosa cm 104 x 87,5 x 7,5
Roma, collezione Borghese, 1790 (Inventario 1790, Stanza X, n. 63); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 14. Acquisto dello Stato, 1902.
Questo dipinto è segnalato per la prima volta in collezione Borghese nel 1790, descritto dall'estensore dell'inventario come "Madonna col Bambino, Carlin Dolci". L'attribuzione al pittore fiorentino è stata confermata da tutta la critica (Manazzale 1817; Barbier de Montault 1870; Piancastelli 1891; A. Venturi 1893; Rusconi 1906; Ferrigni 1912; Longhi 1928; De Rinaldis 1939; Della Pergola 1951; Id. 1959; Cantelli 1983; Baldassarri 1995; Stefani 2000; Herrmann Fiore 2006; Baldassarri 2009) e di recente da Francesca Baldassarri (2015) che ritiene la tela Borghese il prototipo da cui derivano le altre versioni, alcune quasi identiche, tra le quali meritano di essere ricordate la Vergine col Bambino della Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze (inv. OA751) e la variante del Kunsthistorisches Museum di Vienna (GG 187). Secondo la studiosa, inoltre, l'afflato intimo e familiare della scena, la poetica dei sentimenti e l'uso del colore situano l'opera intorno agli anni Trenta del Seicento (Baldassarri 1995), periodo in cui Dolci, rifuggendo dalla rappresentazione di dipinti sensuali - in voga a Firenze con Francesco Furini e i suoi seguaci - si dedicò alla produzione di storie sacre, madonne e santi.
La tela rappresenta la Vergine che tiene sulle ginocchia il piccolo Gesù il cui sguardo, rivolto verso lo spettatore, rende l'immagine più intima e coinvolgente. La scena è costruita con un uso sapiente della luce che mette in risalto la carnagione tenera e levigata dei due protagonisti, le cui figure ben si stagliano dallo sfondo neutro. L'alta qualità riscontrabile nell'esecuzione di alcuni particolari, come le mani della Vergine e l'ombra che le tinge sapientemente il collo e il viso, rivelano la conoscenza da parte del pittore delle opere di Jacopo Vignali e di Cristofano Allori, la cui maniera improntata su un vivace realismo è qui percepibile nella resa psicologica ed emotiva dei personaggi.
Antonio Iommelli