Inventario 1790, Stanza VII, n. 95; Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 31. Acquisto dello Stato, 1902.
Il piccolo dipinto su rame compare nella collezione Borghese a partire dall’inventario del 1790, dove viene menzionata «La B. Vergine col Bambino e S. Francesco, Pietro Perugino»; l’attribuzione permane nel documento fidecommissario e in Piancastelli (1891), mentre Venturi (1893) riconduce l’opera ad una più generica scuola umbra, posizione poi condivisa da Paola Della Pergola (1955), mentre Longhi (1928) non vi riconosce un originale, bensì un’imitazione Ottocentesca.
Questa composizione è sicuramente frutto di un artista gravitante attorno all’attivissima bottega del Vannucci, un pittore con ogni probabilità era impiegato nella realizzazione di opere devozionali destinate al mercato, un settore di grandissima importanza visto l’ampio bacino di richiesta.
Le tre figure sono inserite su uno sfondo naturalistico, del quale è possibile intravedere unicamente il cielo e un albero sulla sinistra. I lineamenti morbidi e classicheggianti della Vergine, con lo sguardo teneramente abbassato verso il figlio, conducono l’osservatore verso le sue mani che sorreggono il piccolo Gesù, rappresentato come un bambino che ha appena imparato a camminare ma che, con lo sguardo sicuro verso il riguardante, impartisce la benedizione con la destra e sostiene un globo quadripartito e sormontato da una croce, che lo connotano come ‘Salvator Mundi’. A sinistra, mentre osserva lo spettatore-devoto, la figura di san Francesco sovrintende alla tenerissima scena. Probabilmente a maggior conferma dell’appartenenza di questo piccolo rame al genere della pittura devozionale vi è proprio il ritratto del poverello di Assisi, in questo caso modulato sull’effige ritenuta più vicina al volto originario del santo, quella di Cimabue nella Basilica Inferiore e di Giotto nelle scene della vita di Francesco in quella Superiore.
Lara Scanu