Il dipinto, ricordato in collezione Borghese nel 1693, è stato attribuito ad Orazio Vecellio, figlio del celebre pittore veneziano, attivo nella sua operosa bottega. Rappresenta la Vergine Maria, ritratta all'ombra di un baldacchino, mentre tiene sulle proprie gambe il piccolo Gesù, adorato da un elegantissimo Giovanni Battista e da un tenero putto.
Cornice ottocentesca decorata con fregio di palmette (cm 99,5 x 94,5 x 9,5)
Roma, collezione Borghese, 1693 (Inventario 1693, Stanza II, n. 31; Della Pergola 1959); Inventario Fidecommissario Borghese 1833, p. 16. Acquisto dello Stato, 1902.
La provenienza di questo dipinto è tuttora ignota. La tela, infatti, è documentata in collezione Borghese a partire dal 1693, segnalata dall'estensore dell'inventario come opera di Tiziano Vecellio. Tale nome, ripetuto negli elenchi fidecommissari (1833), venne lucidamente messo in dubbio dal Cavalcaselle (1877) che, dopo aver studiato un quadro analogo eseguito da Orazio Vecellio, conservato presso il castello scozzese di Alnwick, attribuì l'opera a un maestro tedesco o fiammingo della scuola dei Vecellio. Questa strada, a tratti percorsa sia da Adolfo Venturi (1893), sia da Roberto Longhi (1928), fu scartata da Bernard Berenson (1894), il quale propose curiosamente il nome di Polidoro Lanzani.
Da un confronto con la Madonna con Bambino che riceve l'offerta dei Re Magi della parrocchiale di Calalzo, opera certamente eseguita da Orazio nel 1566, Paola della Pergola (1959) non ebbe dubbi ad assegnare la tela Borghese all'artista veneziano, parere accettato da Kristina Hermann Fiore (2006) ma di recente rifiutato da Giorgio Tagliaferro (2009). Secondo l'analisi dello studioso, giudizio qui condiviso, la composizione Borghese appare lontana e 'corsiva' dal fare squisitamente tizianesco, risultando 'una redazione distante - nello spazio o addirittura nel tempo - dall'epicentro della bottega' (Id. 2009).
Due repliche, derivanti forse come quella Borghese da un prototipo perduto di Tiziano, si conservano a Firenze (Palazzo Pitti, inv. 483) e nella basilica di San Petronio a Bologna (seconda cappella a sinistra).
Antonio Iommelli